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Lo spot delle patatine e la scarsa immaginazione di certi piccoli creativi



Sarà già passata l'indignazione per l'ennesima offesa alla fede cristiana, con lo spot per la marca di patatine che sostituiscono l'ostia consacrata. Peccato, e conviene rifletterci a freddo, per non poltrire d'indifferenza e alzare le spalle, ancora una volta, come se “tanto poi”. Abituati a considerare ogni giusta critica, ogni sollevazione sentita dei credenti alle reiterate irridenti o sconce rappresentazioni del sacro in fondo come moralistica, inutile o addirittura dannosa.

E allora sshhh! Stiamo zitti, o fanno peggio. Sshhh! Stiamo zitti, che per secoli abbiamo noi dominato la propaganda, e il senso di colpa ci piega le ginocchia e tappa la bocca davanti a qualunque insulto. Stiamo zitti, che tanto siamo in pochi e non interessa a nessuno. Stiamo zitti, in sacrestia nessuno ci dice niente.

Da quanti decenni stiamo zitti? Qualcuno ricorderà uno short di jeans da seguire con il celebre detto evangelico. Più di recente abbiamo visto l'arcangelo Gabriele che donava a Maria la pillola del giorno dopo (abortiva, non contraccettiva), in uno spot puro premiato per l'originalità. E l'Ultima Cena ambientata in un'osteria burina, dove col vino si cantano stornelli, altro che consacrazione. Non si contano le natività Lgbt ecc nei vari presepi, le mostre pseudoartistiche con Madonne seminude, o travestite da batwoman, e Cristi velati dal condom… nel terzo secolo disegnavano il Cristo croci sso con la testa d'asino. Ma stiamo zitti per cosa? Perché non ci interessa davvero.

Perché non crediamo davvero che Gesù sia la salvezza della vita, mia e degli altri, e che l'ostia e il vino consacrati siano realmente il suo corpo e il suo sangue. In fila per l'Eucaristia manca poco che compulsiamo il telefonino. Per fortuna, e per grazia, Dio ci ama e ci salva lo stesso. Certo, parlare di persecuzione come qualcuno ha detto è fuori luogo, nel tempo più persecutorio verso i cristiani di tutta la storia, e si tratta di carcere, torture, assassinii.

Dovremmo gioire per la libertà di cui godiamo, ma anche saperla usare. Il Papa anni fa scandalizzò i benpensanti con quell'espressione «Se qualcuno offende mia madre io gli dò un pugno». Istintivo, forse poco misericordioso, ma metaforicamente inteso, il messaggio era chiaro ed efficace. Senza alzare le mani, toccare almeno alzare la voce, e chiedere rispetto. Lo stesso che si reclama e si concede verso la religione islamica, per esempio, anche perché la paura è un motore potente, e di fatwe e massacri ne abbiamo sofferti parecchi.

È facile creativi essere spiritosi, con chi porge l'altra guancia… Ma c'è una sottolineatura passata sotto silenzio nel giudizio sullo spot delle patatine di cui sopra. Le suere protagoniste sono delle pin up, delle modelle, e suscitano tutt'altro che pensieri di purezza. Le suore non sono donne? Nessuna protesta femminista per una retriva immagine delle donne? Basta con le suore intriganti e seducenti oppure cattive e coi baffi. Fatevi un giro nei conventi, guardate la realtà, per offrire materia all'immaginazione.





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