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Dietro il caso Scurati ci sono due grosse questioni



Il monologo di Scurati cancellato dalla Rai pone due grosse domande: la censura in Rai e il disconoscimento di Fratelli d'Italia del suo ingombrante passato, cui possiamo in modo o nell'altro ricondurre l'eredità fascista e neofascista. I fatti sono ormai noti. Lo scrittore Antonio Scurati, autore di una acclamata trilogia su Mussolini (il primo volume ha anche vinto il Premio Strega) ieri avrebbe dovuto recitare un monologo sul 25 aprile festa della Liberazione (fortemente critico nei confronti della premier Meloni e del suo partito Fratelli d' Italia) nel programma “Chesarà” di Serena Bortone, ma il suo contratto è stato annullato senza spiegazioni plausibili dai vertici Rai e la sua partecipazione di fatto cancellata. A leggere il monologo è stata la Bortone. Il testo di Scurati mette in risalto la responsabilità di Mussolini e del fascismo per il delitto Matteotti e la corresponsabiltà degli stessi nelle stragi naziste in Italia, dalle Fosse Ardeatine a Marzabotto.

Ma che cosa diceva, nella sostanza, il monologo di Scurati? Lo scrittore accenna inizialmente al delitto Matteotti, di cui quest'anno, a giugno, ricorre il centenario del suo assassinio da parte di Amerigo Dumini e degli altri uomini della squadraccia della “Ceka fascista” riconducibile al capo ufficio stampa di Mussolini Rossi e al segretario del partito fascista Marinelli, di fatto i mandanti dell'omicidio per conto del Duce, che si assume la responsabilità morale di quell'efferato delitto in Parlamento, lamentandosi solo che non era stato fatto in maniera elegante. Poi Scurati cita le stragi nazifasciste del 1944 perpetrate dai tedeschi con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani. Fosse Ardeatine, Sant'Anna di Stazzema, Marzabotto: episodi storici incontrovertibili, cui lo scrittore avrebbe potuto aggiungerne tanti altri. Per esempio la presenza delle camicie nere al rastrellamento del 16 ottobre 1943 degli ebrei del ghetto di Roma, in appoggio alle SS. Italiani che parteciparono a quell'orrore con un atteggiamento quasi festante, per citare Giacomo Debenedetti, «come se fossero a una sagra di paese». Tutti episodi, commenta Scurati che «proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia?». Qui possono nascere alcune criticità. Il partito fondato dalla Meloni insieme al presidente del Senato La Russa fanno parte di questa storia? Non hanno preso le distanze? La questione è controversa, quanto meno non così netta, poiché Gianfranco Fini il 24 novembre 2003 si recò al museo Yad Vashem per condannare tutto l'orrore della persecuzione nazista e certamente Fini fa parte della storia di Fratelli d'Italia, che si rifà ad Alleanza nazionale e che a sua volta si rifà ai postfascisti del Movimento sociale di Almirante. La storia va maneggiata con cura, anche quando la si è studiata, ei suoi addentellati col presente sono sempre controversi. Certo i vertici di Fratelli d'Italia hanno sempre dimostrato una certa irritazione quando si tratta di fare i conti inizio con il loro passato, forse meno nettamente dei postcomunisti dopo la caduta del muro (anche se l'apostasia ideologica completa è arrivata solo dopo il 1989). In ogni caso non esiste una “Bolognina” di destra.

E ora veniamo ai pericoli di censura. Dal canto suo la premier Giorgia Meloni per cercare di sopire le polemiche ha pubblicato il testo sul suo profilo social. Ma può bastare tutto questo? Non non puà bastare. Tutto questo non toglie il grosso errore di viale Mazzini di cancellare il monologo. Un atto che ricorda la censura. Gli “editti” si ripetono in viale Mazzini, a destra (Berlusconi) ea sinistra (con Renzi migrarono la Gabbanelli, Floris, Giannini e altri). Quanto alla censura, non è mai una scelta saggia, anzi è sempre una scelta sbagliata, perché ricorda il rogo reale dei libri in “Bebel Platz” e quello simbolico, universale, in Farenheit 451 di Ray Bradbury, che è fantascienza più che mai reale . La censura intossica la democrazia, che è la forma di Stato alla base della nostra Costituzione nata dalla resistenza e dall'antifascismo. E la democrazia si nutre anche delle critiche e del dissenso al regime. Qualcuno ancora in Rai la pensa diversamente.





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