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L’appello del Papa: «Palestina e Israele, due Stati liberi e con buoni rapporti»



Al termine dell'udeizna, il Papa chiede di pregare perché si arriva a due Stati, «Palestina e Israele, che siano liberi e con buoni rapporti». Pensa al Medio Oriente ea Gaza, «dove si soffre tanto per la guerra» e non dimentica «la martoriata Ucraina» e tanti «soldati giovani che vanno a morire». Ricorda, ancora una volta, che «la guerra è una sconfitta» e che «chi guadagna di più sono i fabbricatori delle armi». «Per favore», concludono tra gli applausi della piazza, «preghiamo per la pace».

Prima aveva iniziato il nuovo ciclo di catechesi sulle virtù teologali spiegando che siamo creati per avere una vita piena. E che le virtù ci aiutano a tenere dritta la strada. Virtù che, sottolinea il Papa, appartengono a una sapienza antica. Le quattro cardinali, spiegate nelle scorse settimane, cioè prudenza, giustizia, fortezza e temperanza, precedono il cristianesimo. Nell'antichità, infatti, «già prima di Cristo si predicava l'onestà come dovere civile, la sapienza come regola delle azioni, il coraggio come ingrediente fondamentale per una vita che tende verso il bene, la moderazione come misura necessaria per non essere travolti dagli eccessi. Questo patrimonio molto antico, patrimonio dell'umanità non è stato sostituito dal cristianesimo, ma messo bene a fuoco, valorizzato, purificato e integrato nella fede».

In ogni persona c'è, dunque, la capacità di cercare il bene e di tendere verso la pienezza di vita. Il cristiano, però, nello Spirito Santo, ha un aiuto in più. «Gode», dice Francesco, «di una particolare assistenza dello Spirito Santo, lo Spirito di Gesù Cristo. Essa si attua con il dono di altre tre virtù, prettamente cristiane, che spesso vengono nominate insieme negli scritti del Nuovo Testamento. Questi atteggiamenti fondamentali, che caratterizzano la vita del cristiano, sono tre virtù che adesso diciamo insieme: la fede, la speranza e la carità». Il Papa chiede alla piazza di ripetere le tre parole e spiega che, a differenza delle virtù cardinali, che sono i cardini di una vita buona, le tre appena citate, fede speranza, e carità, sono state chiamate teologali perché «si ricevono e si vivere nella relazione con Dio». SI ricevono nel battesimo e, insieme alle altre, compongono «un meraviglioso settenario, che spesso viene contrapposto all'elenco dei sette vizi capitali». Il catechismo definisce queste tre virtù come quelle che «fondano, animano e caratterizzano l'agire morale del cristiano. Esse (queste tre virtù) informano e vivificano tutte le virtù morali. Sono infuse da Dio nell'anima dei fedeli per renderli capaci di agire quali suoi figli e meritare la vita eterna. Queste tre virtù, la fede, la speranza e la carità, sono il pegno della presenza e dell'azione dello Spirito Santo nelle facoltà dell'essere umano».

E, se le virtù cardinali ci espongono al rischio di farci sentire eroici e di farci trovare isolati, le virtù teologali, al contrario, ci dicono che «il cristiano non è mai solo. Compie il bene non per un titanico sforzo di impegno personale, ma fa il bene perché, come umile discepolo, cammina dietro al Maestro Gesù. Lui va avanti nella via, il cristiano ha la virtù teologali che sono il grande antidoto all'autosufficienza. Quante volte certi uomini e donne moralmente ineccepibili corrono il rischio di diventare, agli occhi di chi li conosce, presuntuosi e arroganti!». Anche i discepoli vengono messi in guardia da Gesù che raccomanda loro: «Anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”». Francesco ricorda che «la superbia è un veleno, è un veleno potente: ne basta una goccia per guastare tutta una vita improntata al bene. Una persona può avere compiuto anche una montagna di opere benefiche, può aver mietuto riconoscimenti ed encomi, ma se tutto ciò l'ha fatto solo per sé, per esaltare sé stessa, può dirsi ancora una persona virtuosa? No, no». Il bene, sottolinea il Pontefice «non è solo un fine, ma anche un modo. Il bene ha bisogno di tanta discrezione, di molta gentilezza. Il bene ha bisogno soprattutto di spogliarsi di quella presenza a volte troppo ingombrante che è il nostro io. Quando l'io è al centro di tutto si rovina tutto. Se ogni azione che compiamo nella vita la compiamo solo per noi stessi, è davvero così importante questa motivazione? Il povero io si impadronisce di tutto e così nasce la superbia».

Le virtù teologali ci aiutano a «correggere tutte queste situazioni che a volte diventano penose». Soprattutto «lo sono nei momenti di caduta, perché anche coloro che hanno buoni propositi morali a volte cadono. Tutti cadiamo nella vita, tutti siamo peccatori Come anche chi si esercita quotidianamente nella virtù a volte sbaglia, tutti sbagliamo: non sempre l'intelligenza è lucida, non sempre la volontà è ferma, non sempre le passioni sono governate, non sempre il coraggio sovrasta la paura. Ma se apriamo il cuore allo Spirito Santo, il maestro interiore, Egli ravviva in noi le virtù teologali: allora, se abbiamo perso la fiducia, Dio ci riapre alla fede, con la forza dello Spirito, se abbiamo preso la fiducia Dio ci riapre alla fede, se siamo scoraggiati, Dio risveglia in noi la speranza; se il nostro cuore è indurito, Dio lo intenerisce col suo amore».





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