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Burkina Faso, l’accusa all’esercito: massacro di 223 civili, anche 56 bambini


L'esercito regolare del Burkina Faso ha massacrato «almeno» 223 civili, inclusi 56 bambini, in due villaggi del Paese lo scorso 25 febbraio. L'esecuzione di massa, una delle più efferate dal 2015 a oggi, sembra rientrare in una campagna militare contro i civili «accusati di collaborare con i gruppi armati islamisti» e può configurare un crimine contro l'umanità.

Lo rivela un rapporto di Human Rights Watch, una Ong statunitense che monitora le violazioni dei diritti umani. Il Burkina Faso si è imposto da anni come l'epicentro delle insorgenze jihadiste nella regione africana del Sahel, innescando tentativi di repressione culminati nel doppio golpe militare del 2022 e l'insediamento della giunta militare guidata da Ibrahim Traoré.

La strage, si legge nel report di Hrw, si è consumata nei due villaggi di Nondin e Soro, nella provincia settentrionale di Yatenga. A Nondin i militari avrebbero ucciso 44 persone, compresi bambini, mentre altri 179 civili e 36 bambini sono stati bersagliati a Soro. Il doppio massacro è avvenuto a ridosso di giornate scandite da un ritorno di fiamma delle violenze jihadiste, con diversi blitz registrati fra il 24 e il 25 febbraio su obiettivi militari, infrastrutture civili e siti religiosi.

Il silenzio sulle denunce e il circolo vizioso del Sahel

Il ministro della Difesa Mahamoudou Sana ha denunciato gli attacchi «simultanei e coordinati» dei gruppi armati di affiliazione islamica, salvo glissare sulle accuse di esecuzioni di massa già ricevute dalle autorità. Il rapporto di Hrw evidenzia come Aly Benjamin Coulibaly, procuratore dell'Alta Corte di Ouahigouya, avesse già dichiarato di aver ricevuto informazioni su «attacchi mortali» nell'area di Yatenga, con un bilancio provvisorio di 170 vittime. Secondo la ricostruzione della Ong, i militari si sono scagliati contro la popolazione con l'accusa di una sua «complicità» negli assalti jihadisti. «Hanno detto che non collaboriamo con loro perché non li abbiamo informati dei movimenti dei jihadisti» racconta una donna di 32 anni intervistata da Human Rights Watch, sopravvissuta alla strage con una ferita sulla gamba.

L'Ong chiede un'indagine indipendente con il sostegno di Unione africana e Nazioni unite, con l'obiettivo di fare chiarezza su un massacro che ricorda uno schema già visto in Burkina Faso e nel resto del Sahel: rappresaglie dell'esercito contro la popolazione civile, come “sfogo” dopo gli attacchi subiti dalle milizie jihadiste e il sospetto di connivenze a loro favore. Nel vicino Mali, a sua volta reduce da due golpe nel 2020 e 2021, l'esercito militare è accusato della strage di 300 civili nel villaggio di Mourra, in un eccidio che si sarebbe avvalso della collaborazione di appaltatori russi della Wagner. Nello stesso Burkina Faso si sono registrati blitz con tempi nell'ordine delle centinaia di vittime, attribuiti variamente ai gruppi armati che si affiliano a network jihadisti o – appunto – all'esercito regolare. Il conflitto fra milizie e autorità statali ha esasperato una crisi umanitaria che oggi conteggia oltre due milioni di sfollati nel Paese e 6,3 milioni di burkinabé (su circa 23 milioni) indicati in condizione di «bisogno» dall'Onu.



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