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Troppo azzurro, la generazione tenera e senza futuro – Cinema – Ansa.it


Né Nanni Moretti né tantomeno Pietro Castellitto, Filippo Barbagallo ha, per fortuna, uno stile tutto suo che ricorda molto quello di un Gianni Di Gregorio 'giovane' che non a caso è stato supervisore di tutto il progetto. E che abbia un suo stile lo dimostra già con questo suo primo film in cui è Dario, venticinque anni, un ragazzo alle prese più con se stesso che con la realtà. Ogni cosa per lui è un problema. Dario vive ancora a casa con i suoi e frequenta lo stesso gruppo di amici conosciuti al liceo, soprattutto Sandro (Brando Pacitto) che non è certo molto più intelligente di lui. Così quando inizia a frequentare Caterina (Alice Benvenuti), una ragazza molto carina conosciuta per caso, va tutto bene, ma accompagnarla poi d'estate a Rimini dai suoi è per lui troppo difficile. Sarà lo stesso quando incontrerà poco dopo la bellissima Lara (Martina Gatti). Insomma Dario non si butta mai da nessun trampolino, anche il più basso: sta bene dove sta.


“Mi piaceva l'idea di raccontare una storia che aveva il tono di una conversazione fra amici. In cui non si ha la pretesa di sorprendere a tutti costi, né di spiegare qualcosa, in cui si sdrammatizza per non annoiare e anche un po' per pudore. Volevo che fosse come una birra leggera, che butti giù in un attimo e ti viene da dire: 'Oh, alla fine oggi non si sta mica male'”.


L'inno sull'importanza dell'osservare e sulla magia delle rovine: “È perché credo davvero nell'importanza dell'osservare e sul fatto che le rovine sono rassicuranti – spiega il regista -.


In fondo sono un 'giovane-vecchio', me lo dicono fin da ragazzino. Anche i social mi fanno stare male. Credo che tutte le persone non facciano bene, è un po' come vendere ogni volta un pezzetto di sé”.

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