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«Perdono, verità e giustizia per tentare vie di pace in Terra Santa»



«Quanto sta avvenendo in Terra Santa è una tragedia senza precedenti». Parla chiaro il patriarca latino di Gerusalemme chiamato a tenere, nella Pontificia università lateranense, una lectio magistralis su tema “Caratteri e criteri di una pastorale di pace” nell'ambito del corso di Teologia della pace. «Oltre alla gravità del contesto militare e politico, sempre più deteriorato, si sta disgregando anche il contesto religioso e sociale». E anche se «non mancano elementi di speranza», aggiunge il cardinale, «dobbiamo realisticamente riconoscere che sono realtà di nicchia in un quadro generale che è preoccupante».

E allora, si chiede, «Si può ancora pensare la pace in terra santa?». E quale pace visto che ormai «quando si parla di pace si intende vittoria. I due termini sono diventati sinonimi, pace uguale vittoria. “Pace” sembra essere oggi una parola lontana, utopica e vuota di contenuto, se
non oggetto di strumentalizzazione senza fine. Non di rado, gli stessi che sono a favore della pace terminano i loro discorsi dicendo che per giungervi è inevitabile la guerra. La nostra terra è ancora sanguinante, la nostra gente in preda alla paura e all'incertezza del futuro.».

Il Patriarca parla dell'ingiustizia dell'occupazione israeliana dei territori, ma anche di una narrazione che ciascuno fa della sua storia «che esclude l'altro». Parla dell'assenza «in questa guerra della parola dei leader religiosi. Con poche eccezioni, non si sono sentite in questi mesi da parte della leadership religiosa discorsi, riflessioni, preghiere diverse da qualsiasi altro leader politico o sociale». E sottolinea che, per costruire percorsi di pace occorre purificare la memoria, accettare le ferite gli uni degli altri ed educare al perdono, alla verità e alla giustizia. Tre termini che devono andare insieme.

«Il perdono non può arrivare per inerzia», dice. «Il perdono non cancella il male subito, ma vuole superarlo chiamandolo per nome e guardandolo in faccia. Il perdono deve cambiare le persone, il perdono richiede tempi lunghi. E la strada della pace è una pastorale per sua natura fallimentare perché non potrà mi avere pieno successo»

Ricorda inoltre che «Tutti gli accordi di pace in Terra Santa sono falliti perché erano teorici e non trattenevano conto delle ferite, del rancore, della rabbia, del contesto culturale e religioso». «I leader firmavano gli accordi di pace ma nelle università, nelle sinagoghe, nelle moschee, nelle chiese quegli accordi non erano presentati». Quando si discute, insiste il patriarca, bisogna avere dietro la propria comunità, tener conto di essa, partire dai suoi bisogni ea essa ritornare. E anche quando si parla di perdono bisogna ricordare che esso «non può essere disgiunto da queste parole: verità e giustizia. La sofferenza, il dolore che questo conflitto ha causato sono note a tutti

Da decenni in Terra santa esiste l'occupazione israeliana dei territori palestinesi. La prima conseguenza visibile è la situazione di ingiustizia, i permessi negati…È una oggettiva situazione di ingiustizia. È una discussione dura e dolorosa. E tenere la comunione tra cattolici palestinesi e israeliani è lacerante. Ma non si può parlare di perdono e non dire una parola di verità sulla vita di un palestinese. Questo significherebbe giustificare una situazione di ingiustizia». Ma bisogna parlare di perdono e non è facile. «Come parlare di perdono, senza dare l'impressione di non difendere il gregge a noi affidato? Come parlare di amore per il nemico?», si chiede il patriarca. «Non so se sia possibile rispondere a queste domande, ma non si può non porsi le domande o dare facili risposte», sottolinea. E poi parla di un «modo cristiano di stare dentro il conflitto. Spesso più che risposte facili, che forse non esistono, si deve aiutare ad individuare percorsi e stili di vita» e «non permettere che odio, rabbia, rancore occupino tutto lo spazio del nostro cuore. È umano che si provi rabbia, ma che questa no occupa tutto lo spazio». E ancora, dice, «ci vuole coraggio a chiedere giustizia senza spargere odio». Perdono, verità e giustizia devono camminare insieme perché «verità e giustizia da sole non possono costruire la pace. E parlare solo di perdono disgiunto da verità e giustizia significa ignorare la dignità delle persone. Se verità e giustizia sono disgiunte dal perdono, dal superamento delle ingiustizie non offrono prospettive di uscita». E, infine, concludono: «Nessuna ideologia potrà tenere assieme giustizia, verità e perdono, ma solo l'amore. L'amore di Dio è l'anima del nostro desiderio di pace e null'altro».





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