Economia Finanza

Dopo la Brexit l'assalto ai leader. I conservatori hanno perso la strada


«I Tories non avrebbero mai dovuto cacciare Boris Johnson». La frase è di un consigliere comunale conservatore, uno dei circa 300 che hanno perso il posto nella tornata delle elezioni locali di giovedì. Per il partito che fu di Margaret Thatcher è stata, come da previsioni, una sconfitta bruciante, culminata con la perdita di uno dei collegi parlamentari di Blackpool, dove i Tories hanno fatto fatica a mantenere perfino il secondo posto.

Contro il premier Rishi Sunak il tiro al bersaglio, già in corso da tempo, si è fatto più adatto. Non tanto degli avversari quanto dei Tories stessi, esponenti di un partito che dimostra sin dai tempi

della Lady di ferro una capacità unica nel divorare i propri leader. Il tema è se i ribelli riusciranno a raggiungere il numero di firme necessarie per avviare la procedura di rimozione del malcapitato Sunak.

A salvarlo, paradossalmente, potrebbe essere proprio l'entità della débâcle. Nessuno dei suoi oppositori, e ci sono almeno un paio di ex ministri come Suella Braverman e Robert Jenrick, può pensare di risollevare le sorti del partito nel breve tempo che separa la Gran Bretagna dalle elezioni politiche. E allora, si chiedono gli analisti, perché rischiare di intestarsi una sconfitta?

Secondo il calendario previsto dai regolamenti il ​​voto potrebbe svolgersi nel gennaio del 2025, ma Sunak ha detto più volte di voler anticipare

i tempi, parlando genericamente della seconda metà del 2024. Qualunque sia la tempistica la direzione di marcia sembra ormai definita: quella di una sconfitta storica. Dopo aver spaccato sulla linea di foglia della Brexit i conservatori hanno perso la strada.

E ieri un sondaggio tra i militanti segnalava perfino l'idea dell'indipendentista Nigel Farage alla testa del partito.



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