Sport

Negoziati sul cessate il fuoco. Mediatori ottimisti: “Hamas pronta al sì”. E Israele si divide


TEL AVIV — A un passo dall'accordo, a due dal disastro. Hamas non ha ancora recapitato la sua risposta formale alla bozza di accordo sulla regìa egiziana. «Se sarà positiva lo vedrete dalla partenza per il Cairo degli 007 guidati direttamente dal capo del Mossad, David Barnea», spiega un alto ufficiale israeliano.

Fonti egiziane «legate al negoziato», però, hanno detto al quatariota Al Araby che in realtà «la palla è nelle mani del governo israeliano». Se la delegazione palestinese è al Cairo è «per proseguire i negoziati, e non per gli ultimi ritocchi alla bozza. L'amministrazione americana ha fornito impegni o garanzie» e «tutto dipende dalla risposta di Israele».

Fasi decisivo

Il polverone nasconde le fasi decisive di una trattativa delicata e difficile, il cui sviluppo potrebbe durare giorni; forse l'intera settimana, il limite posto come ultimatum da Israele prima di lanciare l'attacco a Rafah. Venerdì sono arrivati ​​al Cairo la delegazione di Hamas e quella della Cia, guidata direttamente dal suo capo, William Burns. La Casa Bianca gioca i suoi jolly sulla possibilità di concludere un accordo che sarebbe la pietra miliare dei nuovi assetti geopolitici e di sicurezza nella regione.

L'architrave è solido e soddisfa entrambe le parti; ma è nei dettagli che il castello rischia di crollare. «Alla luce dell'esperienza — dice un alto ufficiale israeliano ad Haaretz — anche se Hamas dice che segue lo schema, i piccoli dettagli e le riserve che presenteranno potrebbero far deragliare l'accordo». Il nodo principale e più importante è quello delle garanzie, chieste dai miliziani, sulla fine della guerra. Su un cessate il fuoco permanente che nella bozza non era previsto in forma esplicita. Israele ribadisce che non accetterà mai di «porre fine alla guerra come parte di un accordo per il rilascio degli ostaggi», ed è «determinato a entrare a Rafah».

Non ci sono dichiarazioni ufficiali, solo indiscrezioni: le più ottimiste, da fonti arabe, dicono che Hamas ha rinunciato a pretendere da subito il cessate il fuoco permanente. Si accontenterebbe di un cessate il fuoco temporaneo, discutendone la trasformazione in permanente nei negoziati per il varo della seconda fase dell'accordo. Quando cioè avrebbe ancora in mano il potere negoziale del ricatto, gli ostaggi adulti maschi — compresi i soldati — la cui liberazione non è prevista nella prima fase. Basta a convincere Israele?

Pressioni senza precedenti

Per propiziare l'accordo, la pressione su entrambe le parti è senza precedenti. Gli Usa, attraverso la missione del segretario di Stato Antony Blinken, hanno rimesso sui binari l'accordo con l'Arabia Saudita in chiave anti iraniana: sarebbe una garanzia di sicurezza per Israele, ma non se ne farà nulla senza il cessate il fuoco a Gaza. Lo stesso per l'accordo, sempre a regia americana, con Hezbollah, con cui gli scontri al confine vanno avanti dal 7 ottobre minacciando di deflagrare in conflitto aperto. È «a un passo», ma anche qui è precondizione la calma nella Striscia. La Turchia intanto ha tagliato fuori Israele dal suo import export, fino a quando non firmerà il cessare il fuoco. E le pressioni sono forti anche su Hamas: il Qatar, su richiesta americana, è pronto a chiudere l'ufficio politico di Hamas a Doha e minaccia di sfrattare i suoi leader, se faranno mancia indietro.

La vera partita si sta giocando in queste ore: il governo israeliano è nella morsa tra pressioni internazionali — non ultima quella giudiziaria della Cpi, che minaccia di arrestare il premier Netanyahu per crimini di guerra — e una devastante spaccatura interna. «Suggerisco ai decisori e alle fonti politiche di aspettare notizie ufficiali, di agire con calma e di non precipitare nell'isteria», dice il ministro Benny Gantz. Ma la destra è sul piede di guerra, vuole l'attacco a Rafah senza firmare accordi «coi terroristi». Nelle strade affollate di Tel Aviv le fiaccole dei parenti degli ostaggi bloccano il traffico. «L'accordo è l'unica possibilità che abbiamo di salvare gli ostaggi, e Netanyahu minaccia di nuovo di silurarlo. Fa dire ai suoi che Israele non accetterà la fine della guerra», protesta Einav Zangauker a nome del forum dei parenti. «Hamas non ha abbandonato la richiesta di porre fine alla guerra, e così facendo ostacolare un accordo su una tregua», dice infatti un alto funzionario. L'accordo è vicino, ma è lontano.



Source link

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *