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I Balcani non diventino un parcheggio per i migranti



L'accordo tra Roma e Tirana prevede la creazione di due strutture in Albania, gestite dagli italiani, per le procedure di frontiera o di rimpatrio dei migranti per circa tremila persone in contemporanea (ne dovrebbero accogliere 36.000 l'anno), con costi molto elevati . L'Italia vuole esternalizzare i migranti. In qualche modo la stessa politica del premier britannico Sunak, pur con un diverso obiettivo. Sunak vuole inviare in Ruanda i migranti irregolari che vuole respingere. In Italia si intende mostrare una gestione nuova dei migranti rispetto ai governi precedenti. Sono soluzioni complicate e costose, ispirate all'idea di un “allarme” da cui proteggere il territorio nazionale.

Perché l'Albania ha accettato l'accordo, con una cessione di sovranità? Le strutture, infatti, saranno extraterritoriali. L'Albania del premier Edi Rama, già sindaco di Tirana (noto per i suoi interventi migliorativi sulla capitale), al governo dal 2013, vuole entrare in Europa. Rama ha lottato contro i traffici di droga, ma è discusso per la mano forte con cui governa e per le restrizioni alla stampa. Francesco Becchetti, imprenditore e proprietario in Albania di una televisione con 500 dipendenti, si è visto chiudere la sua struttura e sequestrare i beni con l'accusa di riciclaggio perché aveva criticato Rama. Secondo autorevoli istanze internazionali, le accuse sono infondate, frutto di campagne del Governo contro Becchetti. Tirana gli deve ora un risarcimento di 135 milioni, lo 0,75 del Pil del Paese che, nel 2022, è stato di 16,2 miliardi.

Chi ha conosciuto l'Albania durante il regime comunista, il più duro dell'Est europeo, caduto nel 1990, non può non notare gli enormi progressi che hanno liberato la voglia di vivere del paese, specie dei giovani. Questo ha significato lo sviluppo di un'imponente emigrazione albanese, specie dopo la caduta del comunismo. Le difficoltà dell'Albania di oggi s'inquadrano nella difficile situazione dei Paesi balcanici, dopo le guerre dell'ultimo decennio del Novecento. Le democrazie balcaniche sono fragili, percorse da forti correnti nazionalistiche o etno-religiose, come in Serbia, nel Kosovo, in Bosnia-Erzegovina.

Francesco Ronchi ha intitolato efficacemente un suo libro sulla situazione odierna della regione, La scomparsa dei Balcani. Sì, sono ormai secondari nell'orizzonte dell'Unione Europea, mentre l'attivismo russo si collega al nazionalismo serbo, in Serbia come in Bosnia. Intanto è irrisolta la questione del Kosovo, dove la minoranza serba si sente sempre più assediata dalla maggioranza kosovara. Belgrado poi osteggia in ogni modo il riconoscimento internazionale del Kosovo, che considera ancora parte della Serbia. Il presidente serbo Vucic e Rama si sono più volte incontrati, ma le loro visioni restano distanti.

Non si tratta di considerare i Balcani come uno strano mondo, da cui è meglio star lontani. Non sono un luogo dove esternalizzare i migranti. In realtà sono una regione importante per la pace e la stabilità dell'Europa che dovrebbe avere più attenzione. Noi italiani lo sappiamo bene. Lo sa bene il Governo italiano, molto attento alla regione. Tuttavia l'Europa è oggi concentrata sull'Est, sulla questione ucraina e la lotta alla Russia e rischia di dimenticare un mondo frammentato e percorso da tante tensioni e Stati.

nella foto di copertina, Il ministro degli Affari Esteri, Antonio Tanjani e il ministro degli Esteri di Albania, Igli Hasani, per la firma dell'Accordo di sicurezza sociale Italia-Albania presso la Farnesina a Roma, il 6 febbraio 2024.





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