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Zuppi e Crociata: «L’Europa ritrovi la sua anima»



Un appello ad andare a votare ea impegnarsi perché l'Europa ritrovi la sua anima e persegua unità e pace. Il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei e monsignor Mariano Crociata, presidente della Comece (che riunione le conferenze episcopali europee) scrivono una lettera all'Europa. Lo fanno dandole del tu e ricordando i principi fondatori che hanno spinto «27 Paesi con 450 milioni di abitanti» a «conoscersi e andare d'accordo», invece di «litigare o ignorarsi». «Lo sappiamo», scrivono, «non sempre è facile, ma quanto è decisivo, invece di alzare barriere e difese, cancellarle e collaborare. Tu sei la nostra casa, prima casa comune. In questa impariamo a vivere da “Fratelli Tutti”, come ha scritto un tuo figlio i cui genitori andarono fino alla “fine del mondo” per cercare futuro».

E allora, mentre insistono perché «tutti, candidati e cittadini, a cominciare dai sedicenni che per la prima volta in alcuni Paesi andranno a votare, sentano quanto sia importante compiere questo gesto civico di partecipazione alla vita e alla crescita dell'Unione», ricordano che «non andare a votare non equivale a restare neutrali, ma assumersi una precisa responsabilità, quella di dare ad altri il potere di agire senza, se non addirittura contro, la nostra libertà. L'assenteismo ha l'effetto di accrescere la sfiducia, la diffidenza degli uni nei confronti degli altri, la perdita della possibilità di dare il proprio contributo alla vita sociale, e quindi la rinuncia ad avere capacità e titolo per rendere migliore lo stare insieme nell «Unione Europea».

I presuli, che all'Europa danno del tu, hanno desiderio che «si rafforzi ciò che rappresentano e ciò che sei, che tutti impariamo a sentirti vicina, amica e non distante o sconosciuta. Ne hai bisogno perché spesso si parla male di te e tanti si scordano quante cose importanti fai! Durante il COVID lo abbiamo visto: solo insieme possiamo affrontare le pandemie. Purtroppo, lo capiamo solo quando siamo sopraffatti dalle necessità, per poi dimenticarlo facilmente! Così, quando pensiamo che possiamo farcela da soli finiamo tutti contro tutti».

Prima dell'Unione, sottolineano nella lettera, ci sono stati secoli di guerre e milioni di morti. «Proprio dalla tragedia della Seconda guerra mondiale – che ha toccato il male assoluto con la Shoah e la minaccia alla sopravvivenza dell'umanità intera con la bomba atomica – è nato il germe della comunità di Paesi sovrani che oggi è l'Unione Europea. C'è stato chi ha creduto che le nazioni non fossero destinate a combattere, che dopo tanto odio si potesse imparare a vivere assieme». Ricordano i padri fondatori, Robert Schuman, francese, Konrad Adenauer, tedesco, e Alcide De Gasperi, italiano che «animati dalla fede cristiana, hanno sentito la chiamata a creare qualcosa che rende impossibile il ritorno della guerra sul suolo europeo».

Andando al passato fanno memoria di quel 1951 quando la Comunità Europea venne concepita «attorno al carbone e all'acciaio, materie allora indispensabili per fare la guerra, per prevenire ogni velleità di farne uso ancora una volta l'uno contro l'altro. In realtà quei tre grandi uomini, e tanti altri con loro, hanno cercato di più, e cioè la riconciliazione tra i popoli e la cancellazione degli odi e delle vendette.

Trovare qualcosa su cui lavorare insieme, anche solo sul piano economico, come dimostrare i Trattati firmati a Roma nel 1957, è stato l'inizio di un cammino che ha visto poco alla volta nuovi popoli entrare nella Comunità e, dopo la caduta del muro di Berlino, nel 1989, il cambiamento del nome, nel 1992, in Unione Europea, e l'allargamento, nel 2004, ai Paesi dell'allora Patto di Varsavia, ben dieci in una volta.» Parlano dell'accordo «sulla riforma con il Trattato di Lisbona, entrato in vigore nel 2009». E parlano di nuove riforme che possono rendere l’Europa all’altezza delle nuove sfide. Soprattutto sottolineano che l'Unione Europea è un organismo vivo, che non può essere solo «una burocrazia, pur necessaria per far funzionare organizzazioni così complesse come quella che sei diventata. Direttive e regolamenti da soli non fanno crescere la coesione. Servi un'anima!». E insistono: «In questi anni abbiamo visto compiere passi avanti significati, quando per esempio hai accompagnato alcuni Paesi a superare le crisi economiche, ma abbiamo anche dovuto registrare fasi di stallo e difficoltà. E queste crescono quando smarriamo il senso dello stare insieme, la visione del nostro futuro condivisa, o facciamo resistenza a capire che il destino è comune e che bisogna continuare a costruire un'Europa unita».

In questo tempo in cui tornano le guerre ricordano le parole del Papa: «Guardando con accorato affetto all'Europa, nello spirito di dialogo che la caratterizza, verrebbe da chiederle: verso dove navighi, se non offrire percorsi di pace, vie creative per porre fine alla guerra in Ucraina e ai tanti conflitti che insanguinano il mondo? E ancora, allargando il campo: quale rotta segui, Occidente?» (Discorso, Lisbona, 2 agosto 2023).

E ammettono che «in tutti questi anni siamo molto cambiati e facciamo fatica a capire ea tenere vivo lo spirito degli inizi. Dopo un così lungo periodo di pace abbiamo pensato che una guerra su territorio europeo sarebbe stata ormai impossibile. E invece gli ultimi due anni ci dicono che ciò che sembrava impensabile è tornato. Abbiamo bisogno di riprendere in mano il progetto dei padri fondatori e di costruire nuovi patti di pace se vogliamo che la guerra contro l'Ucraina finisca, e che finisca anche la guerra in corso in Medio Oriente, scoppiata a seguito dell'attacco terroristico del 7 ottobre scorso contro Israele, e con essa l'antisemitismo, mai sconfitto e ora riemergente. Lo dice così bene anche la nostra Costituzione italiana: è necessario combattere la guerra e ripudiarla per davvero!». Perché «se non si ha cura della pace, rischiando sempre di tornare la guerra».

In questo l'Europa ha un ruolo nel portare la pace, nel far sentire la «voce, così da stabilire nuovi equilibri e relazioni internazionali. Le tue divisioni interne non ti permettono di assumere quel ruolo che dalla tua statura storica e culturale ci si aspetterebbe. Non vedi il rischio che le tue contrapposizioni intestinali indeboliscano non solo il tuo peso internazionale ma anche la capacità di far fronte alle attese dei tuoi popoli?», si chiedono i due presidenti.

«Tanti pensano di potere usufruire dei benefici che tu hai indubbiamente portato, come se fossero scontati e niente possa comprometterli. La pandemia o le periodiche proteste, ultima quella degli agricoltori, ci procurano uno sgradevole risveglio. Capiamo che tanti vantaggi acquisiti potrebbero svanire. Il senso della necessità però non basta a spingere sempre e tutti a superare le divisioni. Alcuni vogliono far credere che isolandosi si starebbe meglio, quando invece qualunque dei tuoi Paesi, anche grande, si ridurrebbe fatalmente al proverbiale vaso di coccio tra vasi di ferro. Per stare insieme abbiamo bisogno di motivazioni condivise, di ideali comuni, di valori apprezzati e coltivati. Non bastano convenienze economiche, poiché alla lunga devono essere percepite le ragioni dello stare insieme, le uniche capacità di far superare tensioni e contrasti che proprio gli interessi economici portano con sé nel loro fisiologico confrontarsi». Parlano dei valori europei, della fede cristiana, di una Europa centrata sulla persona e sui popoli, che sia accogliente verso i migranti gestendo insieme una politica migratoria che non faccia perdere la vita nei “viaggi della speranza”. «L'Italia è spesso lasciata sola, come se fosse un problema solo suo o di alcuni, ma non per questo deve chiudersi. Prima o poi impareremo che le responsabilità, comprese quelle verso i migranti, vanno condivise, per affrontare e risolvere problemi che in realtà sono di tutti». Occorre essere punto di riferimento «per i Paesi mediterranei e africani, un immenso bacino di popoli e di risorse nella prospettiva di un partenariato tra uguali. Compito essenziale perché in realtà un soggetto sovranazionale come l'Unione non può sussistere al di fuori di una reciprocità di relazioni internazionali che ne dicano il riconoscimento e il compito storico, e che promuovano il comune progresso sociale ed economico nel segno dell'amicizia e della fraternità».

E dunque «è tempo di un nuovo grande rilancio del tuo cammino di Unione verso una integrazione sempre più piena, che guardi a un fisco europeo che sia il più possibile equo; a una politica estera autorevole; a una difesa comune che ti permette di esercitare la tua responsabilità internazionale; a un processo di allargamento ai Paesi che ancora non ne fanno parte, garanzia di una forza sempre più proporzionata all'unità che raccogli ed esprimi. Le esigenze di innovazione economica e tecnica (pensiamo all'Intelligenza Artificiale), di sicurezza, di cura dell'ambiente e di custodia della “casa comune”, di salvaguardia del welfare e dei diritti individuali e sociali, sono alcune delle sfide che solo insieme potremo affrontare e superare».

Infine l'augurio in vista delle elezioni europee è che « questa tornata elettorale diventi davvero un'occasione di rilancio, un risveglio di entusiasmo per un cammino comune che contiene già, in sé e nella visione che proiezioni, un senso vivo di speranza e di impegno motivato e convinto da parte dei tuoi cittadini».





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