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“Donnarumma non esce e non impara”, “Luis Enrique senza ritmo”: è processo al Psg


Dopo l'eliminazione dalla Champions stampa e ambiente inchiodano la squadra: mirino su Gigio ma anche sulla gestione tecnica e sul mercato. Da Osimhen a Bernardo Silva, i primi nomi da cui ripartire

Alessandro Grandesso

9 maggio – 14:59 -PARIGI

Come al solito, è tempo di processi a Parigi. Alla sbarra, ci vanno tutti, da Donnarumma a Luis Enrique, passando per il presidente Al Khelaifi e il ds Campos. Tutti responsabili per i sette peccati capitali del club della capitale. Sono gli errori contabilizzati dall'Equipe all'indomani dell'eliminazione in semifinale di Champions League. Un deragliamento che apre scenari di mercato che portano anche in Italia, per migliorare la rosa in prospettiva dell'addio di Mbappé a fine stagione.

Gigio

Per il quotidiano parigino, la storia si ripete. Non tanto quella del mancato trionfo di Champions, bensì quella di Donnarumma che chiude la terza stagione parigina con un “bilancio globalmente positivo”, con il solito ma. Sulla linea di porta, l'italiano ha pochi rivali, ammette l'Equipe, il “problema, però si situa nell'approccio inadeguato nei momenti cruciali della stagione, come se aleggiasse ancora il “fantasma del Bernabeu”, con il famoso “errore” ” che diede inizio alla rimonta del Real Madrid, nel 2022. Inoltre, martedì, come contro il Barcellona ai quarti, è emerso “il suo più gran difetto: il gioco aereo”. In pratica, a Donnarumma viene rinfacciata la mancata uscita sul gol partita di Hummels: “Una carenza tecnica che si somma alla difficoltà di imparare da tali situazioni”. Peccato non si evochino gli errori di marcatura di Beraldo e Zaire-Emery sul difensore tedesco.

LUCHO E CAMPOS

A processo va anche Luis Enrique che ha fallito nell'idea della marcatura a uomo, di aprire il gioco soprattutto a destra e di sostituire l'infortunato Hernandez con Beraldo: “Dei fallimenti”. Inefficienti anche le opzioni Mendes e Ramos, oltre che la mancanza di ritmo, indotto dal dogma di controllo che non permette di cambiare il tempo di gioco della sua squadra, diventando prevedibile, dipendente dagli strappi di Dembélé, e mai in grado di mantenere intensità, altro difetto di capitale. L'altro imputato invece è il ds Campos che “nonostante abbia grandi mezzi finanziari come pochi suoi predecessori in passato”, si trova di fronte al fatto che la sua strategia nel costruire la rosa sia andata “in frantumi”. Per l'Equipe non è Campos l'artefice dell'approdo in semifinale, un risultato in fin dei conti soddisfacente, né colui che ha scelto Luis Enrique.

filone

Insomma, zero meriti per il portoghese diffuso invece dal Parisien che ne sottolinea l'importanza nella preparazione della prossima stagione, avendo già individuato gli obiettivi. Si lavora su cinque innesti, e in particolare su due attaccanti per provare a compensare la partenza di Mbappé. Il primo obiettivo è Victor Osimhen, che però costa tanto: tra i 100 ei 130 milioni. In alternativa c'è un altro Victor, Gyokeres, punta dello Sporting, autore di 41 reti in 47 gare stagionali. E' il solito filone portoghese. Il Psg conta già quattro lusitani in rosa (Ramos, Vitinha, Pereira, Mendes). Senza dimenticare l'onnipresenza dell'agente Mendes che gestisce gli interessi di sei giocatori (Vitinha, Zaire-Emery, Ugarte, Asensio, Ramos e Barcola). E poi c'è l'idea di riprovarci con Bernardo Silva, un pallino di Campos che secondo Le Parisien andrebbe rinnovato e lavora come se rimanesse lui al comando, nonostante le voci di corridoio lo diano in uscita, non essendo riuscito a convincere Mbappé di restare.

culto nasser

Di rinnovo, invece se ne parla per Luis Enrique che va a scadenza nel 2025. E sarebbe una scelta di Al Khelaifi, puro lui sul patibolo per aver assecondato il “culto della sua personalità”. Da quando non c'è più il ds Leonardo, che occupava la scena mediatica, il presidente si è ritagliato un ruolo di spicco anche nella politica sportiva. Scelta “non giudiziosa”, visto che è stato Al Khelaifi a imporre l'acquisto, per 95 milioni di Kolo Muani, rimasto ai margini per tutta la stagione. A pesare sul deragliamento Champions, ci sarebbe anche la gestione sbagliata di Zaire-Emery, subito proclamato simbolo del nuovo corso, ma che a 18 anni fatica a sopportare il peso e che da mesi, tra convocazioni in nazionale e le lunghe discussioni sfociate sul rinnovo fino al 2019, è in calo. Insomma, il ragazzo andava gestito diversamente. Come diversamente, riconosce l'Equipe, andava gestita la vigilia della semifinale di ritorno, evitando quei trionfalismi che davano per scontata la qualificazione, con tanto di gigantografia della coppa esibita in curva, in modo poco scaramantico. Il problema però è culturale, come in fondo ha ricordato a fine gara pure Mbappé che come Luis Enrique dava per acquisita la vittoria ancora prima di scendere in campo: “Se non ci esaltiamo da soli – ha spiegato l'attaccante -, chi lo fa al nostro posto?”.





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