Fanfani diceva: le vostre mogli scapperanno con le cameriere”
ROMA — «Le vostre mogli finiranno per scappare con le cameriere…». Caltanissetta, 26 aprile 1974. Teatro Regina Margherita. Una sala piena di contadini, fatti venire coi pullman dai paesi della Sicilia interna, notabili col nodo della cravatta grosso, il ceto medio della maggioranza silenziosa che diffida degli estremismi. Da Roma è sceso Amintore Fanfani, il capo della Dc. Nei pullman i contadini hanno cantato O bianco fiore in onore del segretario che promuove le ragioni di chi vuole abrogare la legge che quattro anni prima ha istituito il divorzio in Italia: la Fortuna-Baslini. Un referendum sulla modernità. E su Fanfani medesimo. Prima del comizio il segretario dirige attorno a una tavola imbandita dell'albergo Di Prima i capicorrente della Dc isolana ea tutti chiede una previsione su come andrà in Sicilia; i sondaggi nazionali non sono favorevoli. I capi danno per certa la vittoria del Sì all'abrogazione. Il parlamentare agrigentino, Calogero Pumilia, detto Lillo, anni 37 anni, non nasconde invece le sue riserve sull'esito. Da esponente della corrente Forze Nuove, quella di Donat Cattin, vicino al sindacato e al mondo del lavoro, ha sicura presa sulla società. «Gli spiegai che i siciliani erano cambiati, i costumi mutati, e che i fautori del divorzio avrebbero potuto prevalere pure qui. Fanfani, che era intelligente ma fumantino, mi aggredì». Poi a teatro, nella foga del comizio, Fanfani dice una frase che sulle prime nessuno capisce: «Le vostre mogli finiranno per scappare con le cameriere…». È stata ripetuta spesso nelle cronache rievocative del referendum.
E Puglia c'era. Oggi ha 87 anni. È stato parlamentare fino al 1992, due volte sottosegretario. Quando lo divenne la prima volta trovò la banda musicale ad attenderlo nella piazza del suo paese, Caltabellotta, di cui è stato anche sindaco. Il 1974 è l'anno del calcio totale dell'Olanda, del boom de La Storia di Elsa Morante, del famoso pezzo di Pasolini sui responsabili delle stragi in Italia. La Dc, sospinta dal Vaticano, e il Movimento sociale di Almirante, sono uniti contro il divorzio. Almirante tira in ballo le Br, che tengono sotto sequestro il giudice Sossi: «Contro gli amici delle Brigate Rosse il 12 maggio vota Sì». La Dc esce con un manifesto raffigurante un bambino: «Pensa a tuo figlio, contro il divorzio vota Sì». Non tutti i cattolici obbediscono. In un documento diffuso il 18 gennaio 1972 un gruppo di intellettuali (fra i quali Andreatta, Saraceno, Scoppola, Gozzini, Parisi) annunciano l'astensione, nella convinzione che l'indissolubilità del matrimonio va «custodita nelle coscienze, piuttosto che difesa con il codice civile». Cosa ricorda Pumilia di quel giorno di cinquant'anni fa? «Partì un applauso timido dal palco, a cui si accodarono dalle platee. Il punto è che nessuno dei presenti aveva la cameriera, e men che meno pareva possibile l'istituzionalizzazione di una coppia composta da due donne. Fanfani intendeva vellicare gli istinti più conservatori, del resto che i meridionali avrebbe votato per l'abolizione lo pensavano anche molti comunisti. Erano convinti che le donne si sarebbero schierate sul fronte reazionario, perché temevano di perdere la protezione finanziaria degli uomini. Invece la Sicilia votò No, e seppur di stretta misura salvò la legge». Le isole si distinsero per progressismo, nel resto del Sud prevalse il No. I divorzisti, su scala nazionale, vinsero col 60 per cento. L'Italia era cambiata. Come votò Pumilia? «Scheda bianca». Si astenne? «Sì, non volevo fare un frontale con il mio partito, ma allo stesso tempo intendevo distinguermi». All'indomani Il Popolo, l'organo della Dc, titolò: «I comunisti si propongono di rovinare definitivamente la famiglia…». «Ah — conclude Pumilia — anni dopo ho divorziato da mia moglie».