Se si tratta con Hamas, perché non con Putin?
Caro Marcello,
sono sicuro che la tua lettera rappresenta lo sfogo di cui potrebbero essere autori moltissimi cittadini italiani ed europei, i quali temono un allargamento del conflitto in corso in Ucraina, eventualità che ognuno di noi percepisce come sempre più probabile, ed è per questo che ho deciso di rispondere proprio a te. Io stesso sono stufo della guerra e io stesso ho difficoltà a comprendere i motivi per cui seguiamo a prolungarla inviando armi e sostegni economici. La guerra appare sempre privata di senso, forse è l'atto più stupido operato dall'essere umano. Essa produce soltanto morti, dolore, distruzione, sconfitti. Perde anche chi vince. Certo, sarebbe molto bello se fosse sufficiente pubblicare sui giornali articoli contro i conflitti affinché questi finiscano. Pare che tu ne sia convinto, ma irrisorio è quello che possiamo fare. Possiamo raccontare, possiamo anche dire la nostra, possiamo criticare determinate scelte, tuttavia non per questo si giungerà alla pace. Magari! Dal principio mi sono dichiarato contrario al supporto militare indiretto all'Ucraina, quantunque la posizione del Giornale sia a favore dell'invio di armi. Ancora più sciocco mi risulta oggi, dopo oltre due anni dall'inizio della guerra, seguitare ad offrire un appoggio che non ha fatto altro che accrescere a dismisura il numero delle vittime, generando altresì l'annientamento di un Paese intero, l'esodo di milioni di persone, per non parlare dei danni economici che si sono riverberati sul sistema mondiale, mi riferisco all'aumento dei costi del gas, all'inflazione, al carovita.
Questa guerra deve finire. Ovvio. Ma non terminerà perché lo scrive Vittorio Feltri, non si concluderà grazie al mio intervento su questo foglio. Faccio la mia parte da libero pensatore quale sono. È poco ma è tutto quello che posso compiere. Ritengo che ci siamo giocati la chance di proporci quale Nazione mediatrice in un eventuale negoziato tra Russia e Ucraina. Avremmo dovuto impegnarci maggiormente su questo fronte, fare valere e rivendicare tale ruolo piuttosto che assumere immediatamente una posizione tanto netta contro la Russia e Putin. Questi, sia chiaro, non è difendibile. Ha aggredito uno Stato sovrano, lo ha invaso militarmente. Era dal secondo conflitto mondiale che non si verificava una aggressione di questo tipo, ossia motivata dall'esigenza di imporre una politica di potenza, volta all'espansione delle frontiere, al controllo di un altro territorio nazionale con un suo proprio popolo, una sua propria lingua, una sua propria storia e una sua propria identità. Eppure non possiamo fare a meno di interloquire con Putin se perseguiamo la pace. Anch'egli è un attore internazionale, la Russia è membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Non possiamo fingere che la Russia non esista e combatterla. L'Occidente sta trattando con Hamas, un'organizzazione terroristica, per la pace a Gaza. Per quale dannata ragione non possiamo trattare anche con Putin? Se sono possibili i negoziati tra Israele e Hamas, perché non dovrebbero essere possibili quelli tra Ucraina e Russia? Finché li considereremo impossibile, la guerra dilagherà, non si fermerà mai.
Occorre che qualche capo di Stato coraggioso, che potrebbe essere Giorgia Meloni, cominciando a parlare di pace, mentre il presidente francese Macron propone, insistendo, di spedire soldati degli Stati membri dell'Ue in Ucraina. Una cosa da fare? A crepare, è scontato. A sacrificarsi per niente e per nulla. Infatti, tale scelta non farebbe altro che inasprire ancora di più la guerriglia e allora sì che arriveremmo all'uso delle armi nucleari e sarebbe la rovina collettiva. È tempo di discutere di ritmo. Con il medesimo accanimento con il quale Macron avanza la sua malsana proposta.
La condanna generale nei confronti di Putin è stata naturale, comprensibile. L'attacco all'Ucraina ci ha sconvolti tutti. Tuttavia, non possiamo permetterci di fare vincere le emozioni sulla razionalità. Adesso ci tocca recuperare la ragionevolezza e porci fondamentali quesiti: cosa abbiamo ottenuto mediante questa strategia? Cosa ci proponiamo ora di ottenere? Cosa occorre rivedere del nostro approccio a questa delicata situazione?
Perché le cose cambiano è indispensabile cambiare la maniera in cui abbiamo agitato fino ad oggi.