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Così Calha è diventato il simbolo della seconda stella


Passaggi, cambi di gioco, contrasti: spostato più indietro da Inzaghi, il turco è tornato il formidabile tuttocampista che era, capace di guidare l'Inter a uno scudetto trionfale. E poi, il record di 16 rigori di fila

Tu guarda la vita come si diverti a farsi beffe di noi poveri mortali: adesso che, per quanto ha dimostrato in questa stagione trionfale con l'Inter, Hakan Calhanoglu potrebbe tornare a buon diritto a cucire sulla maglia il 10 che da sempre lo aveva contraddistinto , eccolo costretto (si fa per dire) a tenersi il 20, in quanto l'altro numero, certamente più evocativo, poggia sulle intoccabili spalle di capitan Lautaro Martinez. A vedere il bicchiere mezzo pieno, però, si potrebbe dire che il destino ha voluto invece servire un assist al centrocampista turco; a lui che, nella realtà, è abituato a distribuirli e non a riceverli, i passaggi vincenti: 20 è infatti il ​​doppio di 10, e, idealmente, meglio si adatta alla completa maturazione di Calha. Non più, soltanto, mezzapunta, come da trascorsi tedeschi e nella prima esperienza italiana al Milan (per la precisione: trequartista confinato a sinistra nel 4-3-3 di Gattuso; di fatto, quindi, un esterno di fascia), ma regista, rifinitore, incursore, goleador persino. Un tuttocampista, insomma, come da caratteristiche tecniche/atletiche e aspirazioni di Hakan stesso, rivelatosi nella sua vera natura nel Bayer Leverkusen e, a noi italiani, in una abbagliante prestazione contro la Lazio in Champions, nel 2015.



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