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Esoneri in casa Juve, sono sempre tuoni e fulmini


Dalla dei tempi agli ultimi addii, dagli allenatori di passaggio ad alcuni di quelli che notte hanno vinto di più come Carcano e Lippi, la separazione dalla Signora spesso è dolorosa

Uno venne cacciato dopo una stretta di mano, a un altro sventolarono un foglio con la classifica in faccia e dissero: con lei andiamo in B. Quello con la mano appesa era Luis Carniglia, convinto fino alla fine – e dopo un colloquio con i dirigenti – che sarebbe rimasto al suo posto; quello inchiodato alle proprie responsabilità e al rischio di una retrocessione era Sandro Puppo. Uno fu esonerato perché ritenuto troppo difensivista, e un altro un giorno venne comunicata la classica promozione-rimozione, che poi diventò rimozione e basta. Al brasiliano Amaral ebbe successo che la società cominciò a criticarlo. Glielo facevano sapere attraverso i giornali. Il senso era: lei pensa solo a difendersi, ci pensi su. Non ci pensare. Amaral andò allo scontro, litigò di brutto e quel giorno dissero che si sentivano tremare le pareti dello spogliatoio. Invece Ljubisa Brocic venne prima affiancato da un tutor, Depetrini, poi venne promosso direttore tecnico, ma ci mise due giorni a capire che non aveva potere su nulla e quindi fu nominato capo degli osservatori. Da tutto a niente, in un attimo.



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