Nascite al minimo storico. De Palo: «È in gioco il futuro del Paese»
Ennesimo minimo storico di nascite in Italia. Nel 2023 i nati residenti sono stati 379 mila, 14 mila in meno rispetto al 2022 e il tasso di natalità è calato, in un anno, dal 6,7 per mille al 6,4 per mille. A dirlo è il Rapporto annuale Istat, con dati che fotografano una realtà a dir poco drammatica, come il calo di quasi cinque milioni di nascite, pari al – 32,3%, rispetto al picco del 1994 e, ancora, oltre tre milioni di giovani in meno in 20 anni. Nonostante una riduzione dell'8% dei decessi rispetto al 2022, il saldo naturale della popolazione resta fortemente negativo e si è ridotto anche il contributo positivo della popolazione straniera. Di contro aumento degli over 65 anni, cresciuti dal poco più di 9 milioni del 1994 agli oltre 14 milioni del 2023. Ne parliamo con Gigi De Palo, presidente della Fondazione per la Natalità.
De Palo, che effetto le fanno gli ultimi dati?
«Stiamo andando a 200 km all'ora contro il muro e, ahinoi, non ci sono segni di frenata per terra. I governi passano ma la denatalità è un tema dell'intero Paese, mentre lo stiamo trattando come una questione politica. È come se ci fosse un terremoto, le fondamenta sono compromesse ma non vedi le crepe sul muro. Tra poco però crollerà tutto insieme: il sistema sanitario, il sistema pensionistico, l'intero welfare. Avremo file più lunghe alle mense, le case che abbiamo acquistato varranno molto di meno perché diminuirà valore, crollerà il Pil e il Paese sarà – per così dire – svenduto».
Da non dormirci la notte…
«Nel 2050 le nascite saranno 350 mila contro le 379 mila attuali e per ogni giovane ci saranno più di tre anziani. Sono le previsioni dei demografi, a cui noi diamo semplicemente un'immagine politica».
Cosa ne pensa dello stop al Family Act?
«Non entro nel merito della decisione del governo, il problema è che non vedo un piano alternativo per far ripartire le nascite. La stessa misura dell'Assegno unico, che puro verrà mantenuto, non andrà a compimento: più che uno strumento di politica familiare, rimarrà uno strumento – utilissimo – di politica sociale, per contrastare la povertà».
Cosa servirebbe per far ripartire le nascite?
«In Italia la nascita del primo figlio rappresenta la seconda causa di povertà dopo la perdita del posto di lavoro. Occorre un ragionamento complessivo, per questo proporre la nascita di una Agenzia: la ripresa della natalità è imprescindibile per la tenuta del Paese».
In Italia diminuisce anche la fecondità delle donne straniere è scesa a 1,86 (era 1,87 nel 2021). Cosa ci dice questo dato?
«L'assenza di politiche familiari colpisce tutti. Non vogliamo convincere nessuno a fare i figli, ci mancherebbe. Il problema è che chi li vorrebbe non è libero di farli. Un dato su tutti: le donne italiane negli ultimi trent'anni hanno desiderato in media di avere 2,2-2,4 figli. Poi si inseriscono la frustrazione di non riuscire a conciliare maternità e lavoro, le dimissioni in bianco, la mancanza di servizi e così via. Risultato, ne fanno 1,24».
Cosa perde così l'Italia?
«Oltre alla tenuta del Paese? Energia, desiderio di cambiamento, lo sguardo lungo che portano i giovani. Negli ultimi quattro anni abbiamo perso 1 milione e 200 mila persone fra non nati e deceduti, pari a una città come Milano. Perdiamo anche peso politico in Europa, dato che i seggi sono in base alla popolazione. Avere un futuro o non averlo, è una scelta che va fatta oggi».