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Il Gruppo “Gamma” e l'operazione Stella: storia segreta dell’incursore spia di Alessandretta


Ci sono uomini straordinari, e storie di uomini straordinari che tutti conoscono. Uno di loro era senza dubbio Luigi Ferraro: il nuotatore d'assalto che ha affondato – da solo – più navigli al mondo nelle operazioni segrete che portò a termine, con temerario coraggio, nelle acque della Turchia.

Al comando del Gruppo Gamma, celebre nella storia per le tattiche di guerra che insegneranno agli incursori di tutto il mondo, erano soliti dire: “Non importa affondare la nave nemica. Una nave viene ricostruita. Quello che importa è dimostrare al nemico che vi sono degli italiani capaci di morire gettandosi con un carico di esplosivo contro le fidanzate del naviglio avversario“; e questo seppe ben dimostrare ad Alessandretta e Mersina l'incursore Luigi Ferraro, arruolatosi volontario della Regia Marina, ammesso alla Scuola Sommozzatori di Livorno e, ottenuto il brevetto, approvato al Gruppo “Gamma” della Xª Flottiglia Mas del comandante Eugenio Wolk. Dove esibirà il grado di sottotenente di vascello.

Ma quella di Ferraro non fu una missione come le altre – non meno coraggiose – portate a termine degli operatori della Decima. Essa era un'operazione segreta, da svolgere sotto copertura, con la connivenza di un agente consolare italiano che, in vero, era un uomo del Sim, il Servizio Informazioni Segrete.

Mobilitato inizialmente per recarsi a Lisbona su ordine del comandante Junio ​​Valerio Borghese, il genovese di Quarto dei Mille cresciuto a Tripoli venne inviato in Turchia nel maggio del 1943 con una falsa identità e l'immunità diplomatica che tenne al sicuro da ogni ispezione doganale il suo bagaglio “particolare” ed esplosivo. Perché quali che fossero le acque da affrontare, Ferraro aveva ricevuto il delicato incarico da compiere azioni di sabotaggio contro mercantili nemici, essenzialmente britannici o di paesi alleatisi contro le potenze dell'Asse, minandoli mentre si trovavano alla rada, a due o tremila metri dalla costa.

Avrà così inizio l'Operazione Stella. Affidata a un singolo uomo rana che si fingerà funzionario presso il Consolato italiano di Alessandretta di giorno e donnaiolo impenitente la notte, per vestire pinne di caucciù e una muta nera con cui nuotare, con il favore dell'oscurità, fino alle chiglie dei piroscafi avversari e minarli con “bauletti” esplosivi.

Delle valige consolari cariche di tritolo

I l Gamma spigava Ferraro, non si poteva”permettere il lusso d'un colpo di tosse, d'un soffio da cetaceo per espellere tutta quell'acqua salata che gli penetra nel naso“, perché anche della notte più scura qualcuno a bordo dei piroscafi mercantili potrebbe sempre insospettirsi. Una sentinella in calzette e camicia kaki, o un marinaio turco o greco armato alla bene e meglio potrebbe scorgere lo sbuffo del nuotatore all'assalto e dare l' allarme: “scagliare le lame delle fotoelettriche contro la superficie nera del mare, e poi far cantare la mitragliatrice nelle pozzanghere di luce, per l'incursore non ci sarebbe scampo”.

Per questo l'avvicinamento in nuoto a dorso, con le braccia tese sui fianchi imbottiti delle esplosivo portato nelle valige diplomatiche e suddiviso in bauletti, avviene nel massimo silenzio, pinneggiando sotto il livello dell'acqua per non far schiuma, e contando molto sui due piccoli galleggiantineri come la muta, che legati alle bretelle e alla cintura stretta in vita sostengono le cariche esplosive e il nuotatore d'assalto che si spinge verso l'obiettivo dormiente. Può contare solo su stesso, sulla forza del suo corpo e le capacità dei suoi polmini. Su un respiratore ARO e un orologio Officine Panerai al polso che segna il tempo con un poco di trizio sulle lancette. Per difendersi, un incursore come Ferraro, ha solo un coltello.

Navi negli abissi di Iskenderun

Fra giugno e agosto 1943 il diplomatico incursore conduce quattro diverse azioni di sabotaggio, minando lo scafo dell'Orioneun piroscafo greco da 7mila tonnellate; I l Kaituna, piroscafo da 10mila tonnellate; la Pianta di felce, motonave norvegese da 7mila tonnellate; e minò lo scafo del Principe siciliano, piroscafo britannico salvato da un'ispezione allo scafo durante la quale vennero scoperti i bauletti esplosivi piazzati da Ferraro. I bauletti esplosivi, come vengono chiamati, sono sempre due, e vengono posizionati con una precisione essenziale per far in modo che la nave non rimanga “solo” danneggiata, ma imbarchi acqua nelle paratie al punto da capovolgersi su un fianco e affondare. Ma non è tutto.

Gli esplosivi piazzati sono un prodigio d'astuzia bellica. Essi infatti non sono delle mie magnatiche a tempo, come quelle usate dagli incursori della Xª Mas a Gibilterra: sono degli ordigni esplosivi che vengono innescati da un sistema tarato per esplodere solo quando la piccola “elica” segna i 5 nodi di velocità raggiunti dalla nave. In questo modo, se affonderà, quando affonderà, si penserà a un sommergibile. Non ad un'azione di sabotaggio.

Queste azioni valsero a Luigi Ferraro la medaglia d'Oro al Valor Militare. Nota a margine: durante la sua missione diplomatica ad Alessandretta, Ferraro finse sempre di non saper nuotare per non dare nell'occhio e non destare facili sospetti in chi avesse cercato, chissà per quale ragione, un nuotatore capace di spingersi tanto a largo. Una beffa ben congegnata. Degna di un vero agente segreto, non di un “raccomandato” come tutti quanti credevano al consolato, e come credevano anche gli altri italiani di Alessandretta. Uno uomo grande e grosso, che invece di andare al fronte, si stava risparmiando la guerra nel cuore del Mediterraneo.

Un “innocuo perdigiorno” amante della bella vita e delle donne che aveva trovato un lasciapassare per tirare a campare.



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