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Il Papa a Verona: «Lo Spirito Santo ci dona l’armonia, il contrario è la guerra»



«Lo Spirito Santo è dentro di noi, è quello che ci fa sviluppare la vita cristiana. Ma io ascolto lo Spirito Santo che è dentro di me o per me non esiste? Oggi celebriamo il giorno, la Pentecoste, in cui è venuto lo Spirito Santo e ci ha cambiato il cuore: ci dà il coraggio di vivere la vita cristiana».

Papà Francesco arriva allo stadio Bentegodi di Verona dove lo attendono circa 31mila persone – perlopiù giovani e adolescenti – per celebrare la Messa della vigilia di Pentecoste e concludere la sua visita a Verona.

Prima di giungere allo stadio, proveniente dal carcere di Montorio, il corteo papale ha fatto una sosta al palazzo del Vescovado, dove il Pontefice ha fatto visita all'anziana madre del vescovo di Verona Domenico Pompili. E questo fuoriprogramma ha comportato un ritardo all'inizio della celebrazione di circa mezz'ora.

Arrivato allo stadio, a bordo della “papamobile” elettrica, Francesco ha compiuto un giro intorno al prato dello stadio per slautare da vicino i fedeli prima dell'inizio della Messa. A concelebrare con il Pontefice, ci sono monsignor Pompili, che celebra i riti all'altare, il vescovo emerito Giuseppe Zentii cardinali veronesi Mario Zenari, Nunzio apostolico in Siria, e Claudio Gugerotti, Prefetto del Dicastero per le Chiese orientali.

Francesco all'omelia tralascia completamente il testo scritto preparato e parla a braccio, dialogando con i fedeli: «Lo Spirito Santo», dice, «edifica la Chiesa: ci salva dal pericolo di farci tutti uguali. Lo Spirito fa l'armonia della Chiesa: ognuno diverso dall'altro, ma in uno spirito di armonia, che è il contrario della guerra. Questo è il miracolo di oggi: prendere uomini codardi e renderli coraggiosi. Prendere persone di cultura diversa e creare l'unità».

Oggi, ha proseguito il Pontefice, «celebriamo la festa del giorno in cui lo Spirito Santo è venuto. Ma pensate, gli apostoli erano tutti chiusi nel Cenacolo, avevano paura, le porte chiuse, tutto. È venuto lo Spirito Santo, gli ha cambiato il cuore e sono andato a predicare con coraggio. Coraggio: lo Spirito Santo ci dà il coraggio di vivere la vita cristiana. E per questo, con questo coraggio, cambia la nostra vita. Lo Spirito prima di tutto è quello che ci cambia la vita». Non solo, lo Spirito santo, rimarca il Pontefice, «ci dà coraggio per vivere cristianamente: tante volte troviamo cristiani che sono come l'acqua tiepida, né caldi né freddi: gli manca coraggio: “E padre, dove si può fare un corso per avere coraggio?”. “No, prega lo Spirito, affidato allo Spirito”. Poi una cosa molto bella: quel giorno di Pentecoste c'era gente di tutte le nazioni, di tutte le lingue, di tutte le culture, e lo Spirito con quella gente edifica la Chiesa. Cosa vuol dire? Che fa tutti uguali? No, tutti diversi, ma con un solo cuore, con l'amore che ci unisce. Lo Spirito è quello che ci salva dal pericolo di farci tutti uguali».

Un concetto che il Papa sintetizza in una parola: «C'è una parola che spiega bene questo: lo Spirito fa l'armonia, l'armonia della Chiesa. Ognuno diverso dall'altro, ma in un clima di armonia». Il “miracolo” della Pentecoste, rimarca Francesco, è esattamente questo: «Prendere uomini codardi, con paura, e farli coraggiosi. Prendere uomini e donne di tutte le culture, e farli una unità di tutti, fare la Chiesa. Prendere questa gente, e non farli uguali. Cosa fa lo Spirito? L'armonia. Adesso», ha concluso, «ognuno di noi pensi nella propria vita: tutti noi abbiamo bisogno dell'armonia, tutti noi abbiamo bisogno che lo Spirito ci dia armonia, nella nostra anima, nella famiglia, nella città, nella società, nel posto di lavoro. Il contrario dell'armonia è la guerra, è lottare uno contro l'altro».

Al termine della celebrazione, il vescovo di Verona Pompili ha salutato il Pontefice: «La ringraziamo per averci donato la gioia del Vangelo», ha detto, «lei incarna alla perfezione il Vangelo, con la sua freschezza, la sua creatività, sempre spiazzante. Le bambine ei bambini, stamattina, hanno invocato il sole nella canzone “Cellule” e in Arena ci ha persuasi che la pace si fa strada dal basso. La guerra non è un esito inevitabile, ma dipende da ciascuno di noi. Nasce dalle azioni che mettono a dura prova le tenuta democratica. Nelle sue encicliche, la pace è la prospettiva unificante del suo pensiero e della sua vita. Vogliamo avviare processi capaci di invertire il rottame e favorire la cooperazione tra i popoli. Le assicuriamo la nostra preghiera in nome della sua vita donata. Alziamoci per camminare nel nostro tempo, per costruire la pace e confessare la pace in Gesù Cristo».





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