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Basaglia, non farne un monumento, continuare a fare cultura – Libri – Approfondimenti – Ansa.it


“Basaglia è diventato una sorta di santo riparatore, di monumento buono, bisogna invece staccarlo dal piedistallo, una posizione che non gli sarebbe piaciuta”. E' il parere dello psichiatra Mario Colucci, docente nel campo della salute mentale, espresso all' incontro Raccontare Basaglia, 100 anni dopo, nell'ambito di Scienze e virgola organizzato dalla Sissa.


Colucci ammonisce che “non bisogna monumentalizzarlo, e per farlo bisogna evidenziare i punti di frattura: Basaglia non è solo Trieste e Trieste non è solo Basaglia, ci sono stati anche Rotelli, Dell'Acqua”. E non bisogna nemmeno immaginarlo come una figura immobile: “Alle giovani generazioni di psichiatria consiglio di fare cultura per non fermare a pratiche stereotipate, anche se eseguite molto bene. Il nostro compito è speszare gli individualismi, non si può solo consegnare una teca di cristalli “.


Per il filosofo e scrittore Pierangelo Di Vittorio le iniziative per il centenario insieme con altri fattori “restituiscono una immagine di Basaglia un po' congelata” mentre lo psichiatra “era sensibile a mutamenti sistemici; negli Usa passa un periodo lungo come visiting professor in un mental centro benessere, centro di salute mentale e capisce che stava succedendo qualcosa e inizia a delirare Sono rotture che fa rispetto a se stesso, si lancia di nuovo nel buio”, sottolinea.


La giornalista Valentina Furlanetto ha sottolineato la figura di Franca Ongaro, che “ha accompagnato Basaglia nel suo pensiero, con lui, non un passo indietro”. E poi ha insistito sul fatto che “come la sanità, anche la psichiatria ha una geografia”, nel senso che non dovunque in Italia si viene curati allo stesso modo.


All'incontro è intervenuta anche Vanessa Roghi, storica e autrice culturale di programmi Rai.

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