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Locatelli no, Calafiori sì. Il gioco ti tinge d’azzurro. Milan, famolo straniero


Spalletti chiama il difensore educato da Thiago Motta. Il mediano paga la crisi Juve. Diavolo, ma i signori italiani?

Nell'appassionata e insensata faida tra risultatisti e giochisti, i primi sollevano spesso la domanda: “Ma cosa significa poi giocare bene?”. I secondi ora hanno una risposta fresca: “L'Atalanta di Dublino”. Cioè, una squadra che salta addosso all'avversario dal primo secondo; che attacca e produce bellezza anche sul 3-0; che corre sempre e comunque in avanti, con o senza palla, e sa difendersi con la stessa efficacia con cui attacca; che ha in testa linee di gioco codificate, ma lascia spazio alla fantasia tecnica individuale, come dimostra la splendida tripletta di Lookman. Agli occhi delle formichine risultatiste, i cicaloni giochisti sono degli sperperatori di energie, insensibili al risultato. Non è vero. Il calcio è uno solo e uno solo l'obbiettivo: vincere. Diverse le strade: c'è chi sceglie scorciatoie impervie, attraverso sentieri di sofferenza, e chi percorre la via panoramica godendosi lo spettacolo del paesaggio. Chi si accontenta dell'utile e chi cerca il merito. Gasperini non ha vinto soltanto, ha travolto i campioni di Germania che non perdevano da 51 partite. La perfezione di Atalanta-Bayer Leverkusen, celebrata in tutta Europa, resterà un punto di riferimento e, nelle faide da Bar Sport, verrà citata spesso, come a scuola si citano l'Editto di Costantinopoli o la Pace di Westfalia: il Calcio di Dublino .



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