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Un sussulto di speranza e di responsabilità per l’Europa



Cari amici lettori, ci avviciniamo alla data delle elezioni europee: un appuntamento su cui vale la pena riflettere insieme. Non per dare indicazioni di voto (ognuno di noi risponde alla propria coscienza, cercando nelle diverse proposte politiche qualcosa che perlomeno si avvicini alle sue convinzioni), ma anzitutto per provare ad apprezzare questa opportunità che qui nella democratica Unione europea è ancora data, mentre altrove no (vedi la rubrica di Monica Mondo pag. 52). Dopo tutto, l'Europa è sorta sulle macerie della Seconda guerra mondiale grazie alla visione di lungo respiro di tre credenti, De Gasperi, Adenauer e Schuman (ne parliamo nello zoom a pag. 32). Qui, in realtà, mi preme affrontare il tema del voto da un angolo più ristretto ma forse istruttivo.

Ha fatto notizia qualche giorno fa la dichiarazione di Ultimo, un cantante molto amato dai giovani, in un'intervista al Corriere: «Non conosco nessun ragazzo della mia età che vada a votare». Si tratta di un'affermazione tanto generica quanto qualunquista, che però non regge a un esame più attento. È vero che i giovani, rispetto agli adulti, in percentuale votano di meno, ma forse non tanto per disinteresse verso la politica. E ciò che succede nel mondo (vedi le recenti manifestazioni pro-Gaza) indica, per vedere l'aspetto positivo, che ci sono realtà ancora capaci infiammare e spingere a una presa di posizione, per quanto talvolta ingenua o ideologica. Se i giovani non votano, ci dicono gli esperti, è perché i partiti presentano temi che interessano soprattutto un elettorato adulto/anziano: i giovani non votano perché non si sentono rappresentati.

Se la politica toccasse i temi giusti, probabilmente i giovani mostrerebbero una partecipazione più alta: secondo una recente indagine Istat, 1 giovane su 2 tra 11 e 19 anni vorrebbe sposarsi e avere due figli, ma la paura del futuro, le difficoltà economiche ea trovare alloggio sono fattori frenanti (e poco affrontati dalla politica). Inoltre i giovani credono in altre forme di partecipazione non istituzionalizzata (movimenti informali, flashmob, volontariato…), come è emerso ad esempio dai Fridays for Future di Greta Thunberg. Una buona notizia in questo senso è che 130 ragazzi tra i 20 ei 35 anni, provenienti da 10 Paesi diversi (tra cui diversi italiani), hanno partecipato allo Youth 7 (Y7) a Roma lo scorso 20-24 maggio per discutere e presentare proposte che saranno consegnate al G7 tramite l'ambasciatrice Elisabetta Belloni.

Non proprio un segnale di disinteresse. Un'ultima considerazione: alcune ricerche dicono che, se in famiglia ci si astiene dal voto, i figli tendono a fare altrettanto. In altre parole, la sfiducia verso la politica percepita in famiglia genera disaffezione. In questo senso, noi adulti abbiamo una non piccola responsabilità. Forse il cambiamento comincia dalla nostra conversione a una mentalità meno pessimista, che scommetta sulla responsabilità e l'apertura verso il futuro. Anche questa è una forma, almeno umana, di speranza. I padri fondatori dell'Europa ci hanno creduto.





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