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Ddl sicurezza, emendamento della Lega: sugli agenti armati indagherà l’Avvocatura, non il pm. Opposizioni sul piede di guerra


Sugli agenti di pubblica sicurezza, di polizia giudiziaria o sui militari in servizio di pubblica sicurezza, per quanto riguarda l'uso delle armi o di “altro mezzo di coazione fisica” mentre sono in servizio, non indaga il Pm, che potrà solo compiere” esclusivamente gli atti urgenti relativi alla prova di reato”, ma l'Avvocatura dello Stato.

A prevedere questo iter speciale per le forze dell'ordine è un emendamento della Lega al ddlsicurezza che sta già scatenando le proteste delle opposizioni che parlano di norma incostituzionale “lesiva degli articoli 3 e 112 della Carta”.

Opposizioni sul piede di guerra

Secondo l'emendamento firmato dai deputati della Lega Igor Iezzi e Laura Ravetto, il Pm infatti, non appena venga informato della notizia di reato commessa dagli agenti in servizio, dovrà avvertire immediatamente il Procuratore generale. E quest'ultimo dovrà informare subito il comando del corpo dal quale dipendono gli agenti che, a sua volta, dovranno avvertire l'Avvocatura dello Stato. Spetterà a quest'organo, poi, svolgere tutti gli accertamenti del caso anche ricorrendo “all'opera di consulenti tecnici”. Al termine delle indagini, l'Avvocatura dovrà informare “senza ritardo” il Procuratore Generale “dell'esito delle attività”. E il Pg, qualora reputi che il fatto non sussista o che l'imputato non abbia commesso il fatto, “provvede all'immediata chiusura del procedimento” o altrimenti potrà esercitare l'azione penale. In questo caso tutte le spese di difesa saranno a carico del ministero.

Disastro giudiziario

Questo emendamento, osserva il capogruppo di Avs in Commissione Affari Costituzionali Filiberto Zaratti, “introdurrebbe un regime speciale nel quale l'Avvocatura dello Stato avrebbe il potere di accertare la legittimità dell'azione contestata: siamo alla follia”. “Questo potere infatti, secondo la nostra Costituzione, spetta solo alla magistratura. Gli agenti – aggiunge – diventerebbero cittadini speciali con protezioni speciali e, in definitiva, i torturatori di Stefano Cucchi avrebbero assistenza legale e spese pagate dallo Stato”, fa notare. “É lo scardinamento dei principi democratici di divisione dei poteri e di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge”, sottolinea il deputato. Secondo atri esponenti delle opposizioni, nel caso in cui la norma venisse approvata, potrebbero essere a rischio anche processi già in corso come quelli ad esempio per gli agenti del carcere di Santa Maria Capua Vetere accusati di tortura. Per il principio del 'favor rei' infatti la misura potrebbe avere effetto retroattivo.



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