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Perchè l’ultimo libro di Selvaggia Lucarelli riguarda tutti noi


Selvaggia Lucarelli.

Ho letto “il vaso di pandoro” il nuovo libro di Selvaggia Lucarelli non perché volevo sapere più cose delle due persone al centro dell'inchiesta dell'autrice. Bensì perché volevo capire meglio l'impatto che i social hanno nelle e sulle nostre vite. Quali meccanismi inducono in chi vi si affaccia e in chi li abita? Questo libro-inchiesta (vale la pena ribadirlo: non è un libro di gossip) offre un'infinità di analisi e informazioni che lo rendono – prima di tutto – un testo di “media education”. Perché davvero fa capire al lettore come i social media, avendo una grammatica e una sintassi tutta loro, sono in grado di trasformare e manipolare le nostre vite: sia quelle di chi fa dei social l'incubatore dei propri profitti, sia quelle di chi ne usufruisce come spettatore. L'errore enorme degli ultimi 15 anni è l'aver dato più importanza alla vita nei social rispetto a quella reale, l'aver conferito un potere mediatico mai visto prima a chi mostra cosa mangia a colazione, quale bagno schiuma usa, che giocattolo regalerà al proprio bimbo a Natale. Non c'è nessuna competenza in questa narrazione di sè. C'è solo il trionfo di un'estetica vuota, basata sul culto dell'immagine, che permette ai social di trasformare le persone in contenuto, solo perché si mostrano e non per quel “plus” legato al loro sapere, saper fare e saper essere di cui dovrebbero essere dotati. Solo volti e corpi che diventano protesi di un'infinità di prodotti ed esperienze di cui si si viene nominati testimonial ed influencer, in un processo di oggettificazione di sé.

Una “cosificazione” della realtà e dell'umanesimo che frantuma e banalizza la profonda complessità del nostro essere “esseri umani”. “Il vaso di pandoro” non racconta la storia dei due influencer italiani più popolari sul web, ma attraverso la storia e la parabola di questi due personaggi racconta di noi, di come siamo diventati fragili e vulnerabili all'ingaggio dopaminergico dei social media e ipersensibili alla glamourizzazione di stili di vita che ci trasformano in prodotto e ci rubano l'anima. In fin dei conti anche tutto il tema della beneficenza impropria e inadeguata è la conseguenza di un modo di stare al mondo che non sa più selezionare le vere priorità, che non sa più collocare ciò che davvero è un valore con la V maiuscola da ciò che è profitto, speculazione, avidità. “Il vaso di pandoro” è un libro scomodo, ma necessario. Personalmente trovo che esprime giudizi non sulle persone, ma sui processi ei percorsi in cui quelle persone si trovano immerse. Sono processi e percorsi con cui tutti noi ci confrontiamo ogni giorno, più volte al giorno, quando facciamo scrolling sui nostri social media o quando pubblichiamo un post, proprio come sto facendo io, in questo momento. Chi sono davvero io, mentre scrivo queste cose? Un professionista che vuole divulgare o un abitante dei social che spera di aumentare la propria reputazione parlando del libro più letto del momento? Lascio a voi ea me stesso la ricerca della risposta a questa domanda. Ma sono davvero grato a Selvaggia Lucarelli perché ogni pagina del suo libro mi obbliga, da ora in avanti, a pormela ogni volta che propongo un contenuto sui social.

in copertina, Selvaggia Lucarelli (foto Ansa)





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