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Se la Lega inneggia a una banda di criminali di guerra



«Mettete una bella decima sul mio nome sulla scheda», dice in un video il candidato della Lega alle europee Roberto Vannacci. Rivolto alla piccola folla del comizio di piazza Duomo, sabato scorso, ha concesso il bis: «Siete una decima legione». Poi c'è Giuseppina Castiello, leghista e sottosegretaria di Stato del governo Meloni cui l'allusione di Vannacci è piaciuta e in un incontro ad Afragola per una candidata alle europee dice risultato: “Noi la torta la tagliamo con la Decima!”. Non sappiamo quanto consapevole di quel che ha detto. Perché qualcuno dovrebbe spiegare alla sottosegretaria che alludere alla X Mas come ha fatto il generale in questi giorni non è alludere a una squadra di boy scout. La X Mas del principe Junio ​​Valerio Borghese, per chi non lo sapesse, dopo l'8 settembre si alleò con i tedeschi prima ancora che nascesse la Repubblica sociale nazifascista, trasformandosi da una formazione di audaci incursori in un'accolita di violenti. Significava combattere per Hitler, ovvero per una dittatura straniera che prevedeva la trasformazione dell'Europa in un popolo di iloti al servizio della razza ariana, e che avrebbe mandato nelle camere a gas 6 milioni di ebrei, per non parlare dei milioni di dissidenti politici, prigionieri di guerra balcanici, rom e altre vittime dello sterminio. La X Mas rimanda a un passato orrendo e violento. Era una piccola armata di 5 mila uomini specializzata nelle rappresaglie contro i partigiani, alleati dei nazifascisti che cominciano a deportare e uccidere i civili.

La Decima si macchiò di una lunga lista di crimini di guerra (con grande soddisfazione dei tedeschi), tra cui l'esposizione nella piazza di Ivrea di un partigiano di 22 anni che aveva attentato alla vita del cappellano della milizia. Valmozzola, Borgo Ticino, Massa, Castelletto Ticino, Crocetta del Montello sono solo alcuni dei luoghi dove la Decima compì atti di efferatezza, facendo concorrenza alla banda Koch. Nella sentenza di rinvio a giudizio del processo a Borghese si parla di «continue e feroci azioni di rastrellamento di partigiani e di elementi antifascisti in genere, talvolta in stretta collaborazione con le forze armate germaniche, azioni che di solito si concludono con la cattura, le sevizie particolarmente efferate, la deportazione e la uccisione degli arrestati, e tutto ciò sempre allo scopo di contribuire a rendere tranquille le retrovie del nemico, in modo che questi più agevolmente potevano contrastare il passo agli eserciti liberatori [… ] ingiustificate azioni di saccheggio ed asportazione violenta ed arbitraria di averi di ogni genere, ciò che il più delle volte si risolveva in un ingiusto profitto personale di chi partecipava a queste operazioni». I prigionieri venicano torturati con stracci imbevuti di benzina accesi e strofinati sul corpo. Agli alberi delle strade pendevano i corpi di partigiani torturati ferocemente (spesso con una X marchiata a fuoco sul petto) con un cartello al collo: “E' passata la Decima”… Questa è la formazione del golpista junio Valerio Borghese (nel 1970 organizzerà un putsch fallito e scapperò in Spagna) cui il generale Vannacci, nella sua storia al contrario, allude e che Giuseppina Castiello, sottosegretaria di un governo della Repubblica (italiana, non sociale) riecheggia gioiosamente.





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