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Sollima, ‘il violoncello un’appendice lirica e sonora del corpo’ – Musica – Ansa.it


Strapazza il suo prezioso Ruggieri del 1679 percuotendo le corde con le dita, graffiandole, manipolandole fino a far uscire gemiti, suoni nuovi e ancestrali. Una performance per violoncello solo di Giovanni Sollima è un'esperienza trascinante di passione e furore virtuosistico. L'ultima, un mix di Bach, brani della tradizione armena e una sua composizione, è andata in scena a Mantova nel magnifico scrigno della Rotonda di San Lorenzo, in uno degli appuntamenti che hanno coronato le serate di Trame Sonore. Il musicista e compositore siciliano, 62 anni, è stato fra i mattatori del Festival di musica da camera che si è concluso ieri sera con il bilancio di 50mila presenze, il 20 per cento di stranieri, per i 300 artisti impegnati nei 150 concerti accolti in cinque giorni tra i tesori pubblici e privati ​​più suggestivi della città. Da ospite speciale non si è risparmiato esibendosi in trio al Teatro Bibiena con due giovani talenti, la violinista Clarissa Bevilacqua e la pianista Carlotta Maestrini, e in piazza con l'orchestra da Camera di Mantova in una gioiosa esecuzione del raro concerto di Giovanni Battista Costanzi , anche in questo caso dando prova delle doti di stregone del palcoscenico. Sollima, in azione sembra risucchiato in un vortice, che cosa le succede quando suona? “È tutto abbastanza normale – dice all'ANSA – fa parte della dimensione del suono, se la musica è collegata alla vita personale e collettiva e c'è l'empatia, elemento fondamentale, il comportamento dà origine a eventi che scaturiscono in modo naturale “. Lo strumento, con lei, diventa un'altra cosa. “Il violoncello è un sublime pezzo di legno. A fare la differenza è quello che avviene nella mente, nel mio caso un mix di curiosità a livello patologico e di desiderio di apprendimento che non mi basta mai. Ci sono sempre spazi aperti e nuovi da indagare. È la curiosità a muovere tutto, il lavoro non è indolore ma il corpo non deve risentire. Il violoncello diventa una sorta di appendice lirica e sonora del corpo”. Quello che colpisce del suo modo di suonare non rappresenta nulla di nuovo, rimarca ricordando che Boccherini, grande virtuosista, ha scritto ben 250 quintetti. “Una vita non basta per suonarli tutti. È stato il primo entomusicologo della storia a sperimentare suoni onomatopeici, un linguaggio nuovo. Io ho sempre visto il violoncello come una zattera attraverso la quale viaggiare e sondare anche forme di vocalità. È uno strumento versatile, ritmico, percussivo che può cantare, urlare e sussurrare”. A risultante determinante è il luogo dove ci si esibisce. Alla Rotonda, “un luogo magico”, il musicista ha modificato il suo strumento in un settaggio barocco togliendo il puntale, usando corde in budello e cambiando spesso posizione per ottenere il suono migliore. “Così ha ritrovato le sue origini e la sua voce. L'aspetto ludico, invece, la cantabilità e il virtuosismo, spero mai fine a se stesso, fa parte della drammaturgia con ciò che appartiene al mio bagaglio e ovviamente al mio carattere tragicomico siciliano “. Il contatto stretto fra gli artisti e gli spettatori è uno dei punti di forza del festival mantovano. “Schubert si esibiva nei saloni, le opere si cantavano anche nelle strade o bevendo birra. Corelli era l'equivalente di una nostra rockstar. Il tardo Ottocento e il secolo scorso hanno ribaltato tutto allontanando i musicisti dal pubblico e accantonando la musica antica”. Vivaldi, osserva, è stato riscoperto solo negli anni quaranta del Novecento ma non si sapeva come eseguirlo. “Oggi il repertorio viene rivalutato, la tecnologia ha fatto molto e un festival come Mantova aggiunge valori. L'informalità avvicina il pubblico e rompe quel distacco della musica classica. Qui gli appassionati possono assistere anche alle prove, è un vero cantiere aperto. La formula stimola la curiosità, l'empatia e l'energia tra i musicisti. Qui si viene da volontari perché abbiamo fama e sete di musica con un pubblico che non troviamo nelle sale dalle istituzioni”.

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