Sport

A 80 anni in barca a vela dall’Afghanistan in Italia “Devo rivedere mia figlia prima di morire”


Sono vecchia, ma non volevo morire senza rivedere mia figlia».

Maryam ha 78 anni e per il viaggio della sua vita, dall'Afghanistan fino in Italia, è partita con il vestito migliore che le è rimasto protetto sotto una lunga veste nera, il capo coperto dall'hijab sotto un cappello di lana. Si appoggia a suo nipote, un ragazzo di 16- 17 anni, mentre scende al porto di Roccella Jonica dalla motovedetta della Guardia costiera che l'ha soccorsa insieme ad altri 83 migranti a un centinaio di miglia dalle coste calabresi su una barca a vela. Bacia le mani ai soccorritori che l'aiutano a scendere.

Il lungo viaggio per terra e per mare

«Grazie, sto bene, devo andare in Germania». Amina parla solo la sua lingua e affida al mediatore afghano la traduzione delle poche parole che pronuncia rispondendo all'unica domanda che tutti i soccorritori le rivolgono con gli occhi: cosa ci fa una donna così anziana su una barca a vela in mare da quattro giorni sulla pericolosissima rotta dalla Turchia alla Calabria, quella – per intenderci – su cui è naufragato il Caicco di Cutro? Ce l'ha fatta e sembra stare bene, persino meglio del ragazzo con cui ha affrontato il lunghissimo viaggio iniziato ben prima dell'imbarco ad Ismir sulla barca a vela procurata dai trafficanti di uomini. Un viaggio durato più di un anno: prima la fuga dall'Afghanistan, il passaggio in auto oltre la frontiera verso l'Iran. Montagne, altipiani, rifugi di fortuna come i passaggi (tutti pagati a caro prezzo) per l'Anatolia. E poi la lunghissima attesa sulla costa di una barca per l'Italia, diventate rarissime dopo la tragedia di Cutro.

La ripresa della rotta turca

Un rottamequella turca, che negli ultimi otto mesi ha fatto segnare zero arrivi e che si è improvvisamente riaperta da una settimana: sei le barche a vela arrivate una dietro l'altra in vista delle coste calabresi, tutte raggiunte dalle motovedette della Guardia costiera che hanno portato a terra 450 persone solo negli ultimi dieci giorni.

Maryam e il nipote erano sulla barca a vela intercettata sabato: 85 persone partite da Izmir, 10.000 euro a testa per raggiungere l'Europa. Nella tensostruttura dove riceve le prime cure degli operatori del comitato Riviera dei gelsomini della Croce Rossa e del team di Msf, Maryam racconta in poche battute la sua fuga: «Mia figlia è riuscita a raggiungere la Germania nel 2021 nei giorni successivi alla presa del potere dei talebani, ha seguito il marito e mi ha affidato il ragazzino che in quel momento non potevano portare con loro. Non avevano altra scelta, i talebani li avrebbero uccisi. Mi ha promesso che ci saremmo ritrovati».

Ma la strada dei ricongiungimenti familiari in Germania è ancora più difficile che in Italia e così due anni dopo Maryam ha detto alla figlia che era disposta anche a mettersi nelle mani dei trafficanti pur di riabbracciarla e portare in salvo il nipote. Come è arrÌvata fino in Turchia non si sa, quel che è certo è che Maryam sapeva bene cosa fare anche una volta arrivata in Italia.

No all'asilo politico e via verso la Germania

«È stata solo una notte ed è andata via – racconta Concetta Gioffrè, presidente del Comitato Riviera dei Gelsomini – abbiamo provato a convincerla a rimanere ma non ha voluto chiedere asilo politico. Ha ottenuto il decreto di respingimento, ci ha ringraziato e con il nipote è andata via. Lo fanno quasi tutti quelli che arrivano qui. Solo in 5 di quei 85 hanno chiesto asilo. Sanno di avere sette giorni di tempo per lasciare il Paese e raggiungere la loro destinazione finale e vanno. Di solito ci sono i cosiddetti “facilitatori” che li attendono per il proseguo del viaggio».

Arrivati ​​altri due anziani, uno in carrozzella

Maryam non è stata l'unica anziana ad arrivare dalla Turchia: ieri una donna settantenne iraniana e un uomo della stessa età con gravi patologie. «Ci ​​ha detto che doveva andare in Germania per curarsi e che i trafficanti gli avevano buttato via la carrozzina ed era disposto a pagare qualsiasi cifra per averne una – racconta Concetta Gioffrè – noi gliene abbiamo messo a disposizione una. Non può mancare in questi luoghi un presidio di umanità».

©RIPRODUZIONE RISERVATA



Source link

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *