Istruzione

Sostegno a scuola: basta ripieghi, servono professionisti dell'inclusione. La lettera di un docente – Orizzonte Scuola Notizie


In una lettera inviata a Orizzonte Scuola, il docente specializzato Mauro Giuliani, con 17 anni di esperienza nel sostegno, solleva importanti domande riguardo alla figura del docente di sostegno e alle competenze necessarie per ricoprire questo ruolo delicato.

Giuliani sottolinea come, nel corso della sua carriera, abbiamo incontrato diverse tipologie di docenti di sostegnoevidenziando situazioni in cui alcuni di loro sembravano “usare” questa cattedra come ripiego, senza possedere le capacità e l'empatia necessarie per supportare adeguatamente gli alunni con disabilità.

La lettera descrive situazioni preoccupanti, come alunni smarriti nei corridoi o un peggioramento del loro stato di salute a scuola, attribuendo queste problematiche alla mancanza di competenze e alla scarsa empatia di alcuni docenti.

Giuliani sottolinea anche il rovescio della medaglia della chiamata diretta dei docenti di sostegno, che spesso si sentono obbligati a compiacere le famiglie a tutti i costi per mantenere la cattedra, rischiando di compromettere la qualità del loro lavoro.

La soluzione proposta da Giuliani è quella di sottoporre gli aspiranti docenti di sostegno a test psico-attitudinali sin dai corsi universitari, al fine di selezionare Coloro che possiedono l'empatia e le competenze necessarie per svolgere questo ruolo cruciale.

La lettera si conclude con un appello accolto a prendere sul serio la questione, sottolineando l'importanza di garantire un supporto adeguato agli alunni con disabilità e di evitare situazioni di insuccesso e frustrazione.

La lettera integrale

Da docente specializzato, con 17 anni di servizio nel sostegno, specializzazione e master qualificanti, posso affermare che, nel corso della mia carriera, ho conosciuto tantissime tipologie di docenti di sostegno nelle scuole in cui ho insegnato. Premetto che, in questa breve lettera, non avrò alcuna presunzione di giudizio nei confronti di alcun docente di sostegno. Mi soffermerò invece sulla sostanza del problema: un'analisi delle reazioni degli alunni diversamente abili alla didattica di alcuni docenti di sostegno che ho conosciuto fino ad oggi; secondariamente, andrebbero analizzate le reazioni dei loro genitori: quest'ultima, però, per varie ragioni, anche personali (stress, frustrazione, non accettazione della disabilità del figlio/a ecc.), non sempre sono oggettive. Bene. Vedere, come spesso accade, alunni DVA persi nei corridoi, vedere peggiorare il loro stato di salute nelle scuole, sentire il docente di sostegno “medicalizzare” l'alunno DVA più che altro per creare una bolla protettiva intorno a sé (piuttosto che intorno all 'alunno) ecc. ecc., è spesso indicativo della presenza nelle scuole di docenti di sostegno – anche specializzate – che – diciamolo a gran voce! – “usano” quella tipologia di cattedra come ripiego: perché “in realtà” si ritengono avvocati, ingegneri ecc., oppure perché da disoccupati si sono sentiti “costretti” a ripiegare nel sostegno, senza averne capacità e, soprattutto, empatia. Ma qual è il rovescio della medaglia di una chiamata diretta del docente di sostegno? Sicuramente, dover “piacere” a tutti i costi alla famiglia, sentirsi costretto a ritenersi disponibile per la stessa in qualsiasi momento della giornata, fare qualunque cosa per l'alunno e per i genitori pur di non perdere quella cattedra, rischiando così di finire a lavorare in un paese più lontano. In fin dei conti, allora, quale potrebbe essere la soluzione più giusta? A mio avviso, sottoporre l'aspirante docente di sostegno a test psico attitudinali sin dai corsi universitari (cfr. TFA o simili). Perché senza empatia, in classe regna insuccesso, frustrazione, “regressione sociale e psicofisica”.

Signori, non stiamo scherzando.



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