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Hamas apre al piano Usa, poi invia “commenti” alla proposta: cosa succede a Gaza




Si aprono spiragli di tregua nel Medio Oriente. Hamas ha annunciato di aver accettato la risoluzione di cessare il fuoco adottata ieri dal Consiglio di sicurezza dell'Onu e proposta dagli Stati Uniti, che ha ottenuto 14 voti favorevoli, nessun contrario e l'astensione della Russia. L'alto funzionario dei terroristi Sami Abu Zuhri ha aggiunto che spetterà a Washington garantire a Israele la rispettiva. Parere positivo anche da Israele, secondo cui la proposta “consente a Israele di raggiungere questi obiettivi e Israele lo farà davvero“.

L'organizzazione palestinese aveva già accolto favorevolmente la proposta lunedì 10 giugno e in una dichiarazione dopo la votazione si era detta pronta a collaborare con i mediatori e ad iniziare negoziati indiretti sull'attuazione dei principi dell'accordo. Il Segretario di Stato Usa Antony Blinken aveva definito l'annuncio come “un segnale di speranza”, sottolineando che ciò che conta davvero è “la parola che arriva da Gazae dalla leadership di Hamas nell'exclave palestinese.

Secondo i media israeliani, Hamas ha consegnato la sua risposta ufficiale con commenti al primo ministro del Qatar Muhammad al-Thani e ai mediatori al Cairo. “La risposta dà priorità all'interesse del popolo palestinese e alla necessità di fermare completamente la guerra in corso“, si legge nella dichiarazione congiunta con la Jihad islamica palestinese.”La delegazione palestinese ha espresso la volontà di agire positivamente per raggiungere un accordo che porrà fine a questa guerra contro il nostro popolo, con un senso di responsabilità nazionale“. Il concreto orientamento della risposta, però, non è ancora chiaro.

Anche dal lato israeliano pare che vi siano apertura verso il cessate il fuoco. Il numero due della Casa Bianca ha riferito che il premier Benjamin Netanyahu ah”riaffermato il suo impegno nei confronti della proposta” redatta dagli Stati Uniti. Al Palazzo di Vetro, però, il rappresentante permanente dello Stato ebraico Reut Shapir Ben-Naftaly ha dichiarato che il Paese continuerà le operazioni militari a Gaza e non si impegnerà in”negoziati privi di significato e senza fine” che sarebbero sfruttati da Hamas per sostenere i suoi obiettivi. La diplomatica ha poi ribadito che Tel Aviv intende garantire che “Gaza non rappresenta una minaccia per Israele in futuro” e che la guerra finirà solo quando l'organizzazione terroristica sarà distrutta e gli ostaggi saranno inviati a casa.

Le affermazioni che arrivano dalle due parti dipingono dunque un quadro della situazione sul campo di battaglia. Hamas mantiene una forte presenza solo a Rafa e la sua rete di infrastrutture, così come la catena di comando, sono state colpite pesantemente nel corso dei mesi di conflitto. Una tregua aiuterebbe dunque il gruppo palestinese a consolidare le sue posizioni, in particolare nella città al confine con l'Egitto. Per quanto riguarda Israele, il blitz di sabato 8 giugno che ha portato alla liberazione di quattro ostaggi ha rafforzato la posizione di Netanyahu, sottolineandone l'importanza e l'utilità della continua pressione militare sui terroristi.

Date queste premesse, il raggiungimento di un'intesa sembra difficile. In più, bisogna anche considerare la situazione interna allo Stato ebraico.

Dopo le dimissioni dal governo di Benny Gantzil premier dovrà basare il proprio supporto sull'estrema destra religiosa, favorevole ad un accordo per la liberazione delle persone rapite durante gli attacchi del 7 ottobre ma solo a condizioni favorevoli per Tel Aviv. Le trattative, dunque, potrebbero concludersi nuovamente con un nulla di fatto.



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