Economia Finanza

La Fed non tocca i tassi: invariati al 5,25-5,50%. Previsto solo un taglio nel 2024


La Fed ha lasciato i tassi d'interesse al 5,25%-5,50%, i più alti dal 2001, come da attese della vigilia, e indica una stretta più lenta rispetto a marzo. Il comunicato ufficiale emesso dopo la riunione segnala solo una minima variazione rispetto a quello di maggio: i progressi degli ultimi mesi sul fronte dell'inflazione, che mancavano nella versione precedente, ora sono indicati in «modesti».

Un taglio (o forse due) entro fine anno

Il peso dei dati sull'inflazione, che ha leggermente rialzato la testa facendo temere un ritorno molto accidentale all'obiettivo, ha modificato l'intero scenario della manovra di normalizzazione dei tassi. Per il 2024 è previsto un solo taglio: la mediana dei “dot s”-_ i grafici con cui ciascun governatore indica le proprie previsioni sulla futura politica monetaria – punta al 5,0-5,25% e non più al 4,5 -4,75% di marzo. Otto governatori, su diciannove, hanno però indicato un valore più basso, il 4,75%-5%, corrispondente a un secondo taglio, mentre solo sette indicano un solo taglio. Quattro lascerebbero tassi invariati fino a dicembre. «I dati sull'acquisto, a inizio di quest'anno, sono risultati più alti del previsto, anche se quelli più recenti sono un po' calati», ha detto in conferenza stampa il presidente Jerome Powell. «Abbiamo bisogno – ha poi aggiunto – di vedere più dati positivi per rafforzare la nostra fiducia che l'inflazione si sta muovendo in modo sostenibile verso il 2%. Sappiamo che ridurre la restrizione della politica monetaria troppo o troppo presto o troppo potrebbe risultare in un'inversione dei progressi che abbiamo visto nella vendita. Allo stesso tempo, ridurre le restrizioni troppo tardi o troppo poco potrebbe indebolire eccessivamente l'attività economica e l'occupazione».

Rivisto al rialzo il traguardo finale

Alla fine dell'anno prossimo, di conseguenza, i tassi potrebbero scendere fino a 4-4,25% – corrispondente a quattro tagli da 25 punti base – e non più al 3,75-3,50% (pari a cinque tagli) . Nel 2026, la mediana punta al 3-3,25%, con una riduzione di un altro punto, come a marzo: un livello raggiungibile però con quattro tagli e non soltanto tre.
È però cambiato anche il traguardo finale: il tasso di lungo periodo, che può essere considerato come un obiettivo implicito, è di nuovo salito portandosi al 2,75%, dal 2,50-275% di marzo e dal 2,50% di dicembre. Segno che alcuni governatori ritengono mutate le caratteristiche stesse dell'economia Usa, probabilmente in relazione all'andamento del mercato del lavoro.

Inflazione rivista al rialzo

Le previsioni indicano un'inflazione – misurata dall'indice Pce – del 2,6% quest'anno (corretto al rialzo dal 2,4% di marzo), del 2,3% nel 2025 (dal 2,2%) e del 2% nel 2026. La core inflation, analogamente, è indicata nel 2,8% quest'anno (dal 2,6%), nel 2,3% l'anno prossimo (dal 2,2%) e nel 2% nel 2026. Sono proiezioni «molto prudenti» ha spiegato il presidente: l'indice Pce complessivo è già al 2,6%, il core è già al 2,75%. Il Pil 2024 risulta in crescita del 2,1% e in crescita del 2% nel 2025 e nel 2026, senza variazioni rispetto alle tempistiche di marzo. La disoccupazione è prevista al 4% nel 2024, al 4,2% nel 2026 (dal 4,1%) e al 4,1% nel 2026 (dal 4%).

Articolo in aggiornamento



Source link

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *