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‘Non è un gioco’: l’allarme di Save the children sulla piaga dei bambini lavoratori



In tutto il mondo si calcola che siano circa 160 milioni i bambini e gli adolescenti, tra i 5 ei 17 anni, che lavorano, molti dei quali a tempo pieno. Bambini che non possono andare a scuola, non possono giocare, vivere la sociaità, spesso non possono nemmeno nutrirsi correttamente e curarsi. IOn Italia si stima che 336 mila minori tra i 7 ei 15 anni hanno avuto esperienze di lavoro e che 58mila adolescenti tra i 14-15 anni sono stati coinvolti in attività lavorative dannose per l'impatto sui percorsi scolastici ed educativi e per il benessere psicofisico . L'allarme viene lanciato da Save the children in occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile, il 12 giugno, indetta dall'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) per sensibilizzare sul fenomeno e promuovere azioni concrete per sradicarlo.

L'organizzazione ha condotto una ricerca nel 2023 in collaborazione con la Fondazione Di Vittorio, nella quale un gruppo di 25 adolescenti tra i 15 ei 21 anni individuati nell'ambito dei progetti promossi da Save the Children e da altre organizzazioni ha raccolto quaranta testimonianze dirette di giovani lavoratori con la metodologia della “ricerca tra pari” a Palermo, Scalea, Roma e Torino.

Dalle testimonianze emergono storie di minorenni che combinano la frequenza scolastica con l'attività lavorativa, una scelta motivata in alcuni casi da una necessità economica, in altri dalla concezione del “lavoro come valore” che integra il percorso educativo. La conciliazione di studio e lavoro si rivela difficile da sostenere per la maggior parte dei ragazzi intervistati, come racconta M., 17 anni, di Palermo, che frequenta un istituto alberghiero e fa lavori saltuari dall'età di 13 anni: «All'inizio Avevo tanta voglia ed era bello ma poi non era più come una volta. Non c'era più quella voglia, era più faticoso, venivo pagato meno e la situazione era diventata più stressante».

I settori più interessati dal fenomeno del lavoro minorile nel nostro Paese sono quelli più tradizionali come la ristorazione (25,9%) e la vendita al dettaglio nei negozi e attività commerciali (16,2%), seguiti dalle attività in campagna (9,1%), in cantiere (7,8%), dalle attività di cura con continuità di fratelli, sorelle o parenti (7,3%). Mon mancano le nuove forme di lavoro online (5,7%), come la realizzazione di contenuti per social o videogiochi.

Lo sfruttamento del lavoro minorile è ancora più duro per i minori stranieri non accompagnati. Come nel caso di un ragazzino arrivato dalla Tunisia, che racconta: «Non volevo chiedere soldi per strada, quindi ero costretto a lavorare per avere i soldi necessari. Tagliavo verdure per i panini kebab, lavavo i piatti. Ho iniziato a frequentare la scuola per ottenere il certificato A2, ma a lavoro mi hanno detto che non potevo andare a scuola. Mi hanno detto che se tornavo un'altra volta a scuola, non potevo lavorare con loro. Con gli educatori poi ho capito era meglio lasciare e fare un corso di formazione».

Per continuare a sensibilizzare sul lavoro minorile in Italia, Save the Children rilancia sui social media dell'Organizzazione una serie podcast in 4 puntate, che, partendo da una visione generale e dai dati del fenomeno, si concentra sugli aspetti di correlazione con la dispersione scolastica, sulle forme più dannose di lavoro minorile e sul mondo della giustizia minorile. Il podcast “Non è un gioco” è realizzato in partnership con Will Media, è disponibile su Spotify e su tutte le piattaforme gratuite di streaming.

(FotoReuters)





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