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Atleti compunti e onorevoli da stadio, immagini dall’Italia a rovescio



«Il comportamento che terrete a Parigi onorerà davvero l'Italia». Ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella accogliendo gli alfieri olimpici e Paralimpici che dal 26 luglio, prima di riprendere e far proprio l'augurio del portabandiera paralimpico Luca Mazzone di tornare al Quirinale, di tornare a restituire la bandiera, con un pullman di medagliati . L'immagine degli alfieri olimpici, seri, compunti, adeguati a ruolo e al momento – tra cui spicca un Gianmarco Tamberi insolitamente posato e ringiovanito senza barba – stride con quell'altra immagine, di appena poche ore fa in Parlamento: anche lì una bandiera italiana. Donno M5s alla Camera la porta verso il ministro Calderoli, per protesta contro la riforma dell'autonomia differenziata. Nel video si intuisce che Donno vorrebbe mettergliela sulle spalle (ricavandone un'espulsione), si vede Calderoli irrigidirsi, un commesso frapporsi e di lì il parapiglia. Diversi deputati si affollano attorno a Donno, i commessi provano a separarli, il clima palesemente non è pacifico, si sente il presidente della Camera richiamare più volte “Onorevole, Iezzi” (Lega). Nella mischia, visibilmente agitato, Iezzi cerca di colpire Donno, che a un certo punto si accscia e viene soccorso. Non basta. Il giorno dopo il clima è da bar sport: Donno sostenendo di aver ricevuto calci e un pugno in petto. Iezzi, raggiunto al telefono da La Zanzaranega di essere riuscito a colpire, non di averci provato. Se fossimo tra tifosi si direbbe che si taccia Donno di “simulazione”.

Qualcosa non torna: gli atleti sanno olimpici e paralimpici che i bambini li guardano, ma in fondo sono solo dei ragazzi, potrebbero non essere a loro agio nei palazzi delle istituzioni, eppure parlano e parlano (le medaglie, i successi lo dicono perché lo sport a differenza di altri ambiti non ammette altro criterio che capacità e competenza e sa essere perfino spietato in questo) con senso istituzionale. Anche quando si avvolgono nella bandiera fradici di sudore, ebbri di emozione la rispettano perché sanno la fatica costata per arrivare lì a essere i primi. Potrebbero anche non ricordare che quella bandiera è disegnata nell'articolo 12 della Costituzione, potrebbe accontentarsi di rispettare la carta olimpica perché le funzioni pubbliche sono di altri. Eppure, loro, prendono sul serio la disciplina e l'onore scritti nell'articolo 54 della Costituzione. Intanto alla Camera quella stessa bandiera, simbolo di unità nazionale, come una scusa per reagire a calci e pugni e di abitare i palazzi laicamente sacri delle istituzioni con atteggiamenti che richiamano il peggio della curva da stadio.

Qualcosa non torna, se nei giardini del Quirinale gli atleti parlano, come ha fatto Tamberi, dell'auspicio di rappresentare il Paese più unito al mondodi sentirsi, anche nella competizione di uno sport individuale, fratelli e sorelle d'Italia come ha detto Alma Sabatini, e nel frattempo chi è chiamato a disegnare riforme (e ne vuole di costituzionali addirittura, cosa che chiede ampie maggioranze), anziché discutere e magari competere civilmente per affermare le proprie idee, con l'obiettivo del bene comune, viene alle mani dando di sé, delle istituzioni, della politica un'immagine di inaudita bassezza: personalistica e sguaiata.

Qualcosa non torna se possiamo andar fieri di Jannik Sinner, di Gianmarco Tamberi, di Gregorio Paltrinieri, della 4×100, dei successi del Charlie's Angels paralimpiche Ambra Sabatini, Martina Caironi e Monica Contrafatto, ma dobbiamo vergognare del fatto che a una manciata di ore dal G7, persone mandato dai cittadini a prendere decisioni in loro vece, danno non solo di sé ma della considerazione del ruolo che ricoprono un'immagine svilente.

È bellissimo potersi identificare con l'Italia sportiva, allegra, unita, integrata, perbene, vincente, giovane, proiettata al futuro e al mondo. Ma cascano le braccia all'idea che chi ha in mano anche le loro sorti con il futuro del Paese si permetta di rappresentarlo con indisciplina e disonore. Quasi che tra stadio e parlamento si fossero invertite le parti.





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