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Rifarsi il seno compiuti i 18 anni? È una questione psicologica, prima che estetica



di Silvia Da Dalt

La maggiore età come valico oltre il quale tutto sembra diventare improvvisamente frutto di riflessioni mature e ponderate? È stato di recente ribadito dal Ministero della salute che gli interventi di chirurgia estetica su minorenni sono vietati e, pertanto, i medici trasgressori sanzionabili. Anche la Sime (Società Italiana di Medicina Estetica) ha sentito il bisogno di esprimersi lanciando un appello ai genitori affinché non assecondino le richieste delle figlie che al compimento del diciottesimo anno d'età desiderino la protesi al seno come regalo. Evidentemente sta accadendo qualcosa tra le nostre giovani donne, visto che, oltretutto, sta aumentando nel web la ricerca di cliniche in Svizzera o Turchia che effettuano interventi estetici su minorenni. Questa tendenza ci stimola a riflettere su più piani, forse non tanto in merito ai canoni di bellezza che, lo sappiamo, si modificano in base all'epoca, alla cultura e alle mode, quanto in merito al tema del sentire bella o meno.

Il sentirsi belle “è una questione psichica ancor prima che estetica”, per citare un recente podcast della psicoanalista Laura Pigozzi. Il sentirsi belle ha a che fare con il sentirsi bene. Il corpo è sempre una questione psichica, in quanto è la parte visibile del nostro Io, il nostro esserci nel mondo in relazione al nostro sguardo e allo sguardo dell'altro. In particolare, il corpo di una giovane ragazza che sta crescendo è un corpo che parla di una personalità che sta maturando, che è ancora in potenza, che cerca e brama lo sguardo degli altri su di sè per dire che esiste. Inserire in questa fase di sviluppo una scelta così potente come l'intervento estetico al seno espone in primo luogo al rischio del pentimento, come in effetti accade per una ragazza su quattro anche solo dopo due anni dall'intervento.

Ma oltre a questo dobbiamo chiedere: da dove arriva questa urgenza della modifica del proprio corpo? Questa richiesta di aiuto addirittura al genitore (che, sinceramente, dovrebbe rimanere fuori dall'individuazione sessuale dei figli)? Il seno, indubbiamente, è un carattere sessuale femminile; Pertanto è sicuramente una parte del corpo di cui appropriarsi del pian piano, nel percorso di individuazione. Si passa dal volerlo nascondere, se comincia a crescere troppo presto, al volerlo ostentare appena è consentito l'uso del reggiseno. Sentirsi donna passa anche per il vedersi con “le curve giuste al posto giusto”. Ma qui sta il problema, forse. Giuste per chi? Non possiamo far finta che la suggestione dei social non esista. L'impronta seduttiva, ammaliante, esibizionista del femminile spopola. Il corpo, quasi fosse altro da sé, viene esibito, usato per portare attenzione su qualsivoglia contenuto, dalla pubblicità al video musicale. E, spesso, molti giovani desiderano essere apprezzati imitando questo mondo, ammirati non solo dal gruppo dei pari (vita reale), ma magari da un gruppo anonimo di follower che, cannibali, guardano. Purtroppo è anche questa la deriva: essere disponibili a un corpo sociale che diventa oggetto. Il corpo esibito, letteralmente “messo in mostra”, è un corpo che rischia grosso, rischia di essere messo completamente “fuori da sé” e, quindi, alienato dall'Io, che, sofferente, torna dal chirurgo per togliersi di dosso questo corpo estraneo.

Eppure, se la motivazione superficiale può essere l'adesione ai modelli di estetica femminile, quella più profonda temo sia spesso un senso di inadeguatezza e di non amabilità che ha origini sempre antiche, di matrice familiare e relazionale. Un certo perfezionismo legato al corpo, sentirsi sempre in difetto per quel naso un po' troppo grande o quella pancia un po' troppo abbondante, sono spesso spostamenti, attacchi a una parte di noi (il genitore interiorizzato) che ci vorrebbe diversi. A volte, addirittura, perfezionismo indotto da una figura materna narcisista, pronta a decidere con la figlia la misura della protesi al seno. Ogni situazione, pertanto, andrebbe analizzata con calma, per capire se alla base c'è un disagio profondo rispetto al sentirsi bene nel proprio femminile, o un disagio indotto da effimeri e svilenti canoni estetici o, ancora, da un romanzo familiare da aggiustare. Proprio per questo il limite posto della legge, in merito alla maggiore età, è insufficiente. Aiuterebbe molto di più l'invito a una presenza educativa degli adulti che ruotano intorno alle giovani donne, adulti che sentono la responsabilità di accompagnare ogni scelta con un percorso di consapevolezza, questo sì, maturo e ponderato.





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