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Delpini: «Prendiamoci un tempo sabbatico»



«Troviamo un modo per decongestionare il calendario, per vivere il tempo come un tempo fecondo di bene, di grazia, e non come una prigione che ci logora senza essere felici». A tanti fedeli, ambrosiani ma non solo, fischieranno le orecchie. L'invito a un tempo sabbatico, che l'arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini fa attraverso la Proposta pastorale per l'anno 2024-2025, Basta. L'amore che salva e il male insopportabile è dirompente, soprattutto per quanti vivono quotidianità incalzanti in cui anche i tanti impegni pastorali rischiano di distogliere l'attenzione dalla vera grazia. In vista del prossimo Giubileo, al via il 24 dicembre, l'arcivescovo invita allora a “lasciar riposare la terra”: «La tradizione operosa che caratterizza le nostre comunità e l'inclinazione spontanea degli operatori pastorali sono esposti alla tentazione di diventare un protagonismo frenetico. Ritengo pertanto doveroso richiamare a riconoscere il primato della grazia e quindi l'irrinunciabile dimorare nella dimensione contemplativa della vita, nell'ascolto della Parola e nella centralità della Pasqua di Gesù che si celebra nell'Eucaristia».
Dunque, aggiunge, «nell'anno giubilare è opportuno che ci sia un tempo, per esempio il mese di gennaio, non tanto per ulteriori riunioni e discussioni, ma per sospendere, per quanto possibile, le attività ordinarie e vivere un “tempo sabbatico”, dedicato non a fare qualche cosa, ma a raccogliersi in una preghiera più distesa, in conversazioni più gratuite, in serate familiari più tranquille».

E non è finita qui. Basta. L'amore che salva e il male insopportabile contiene anche un altro appello dal respiro ampio, che certamente valica i confini della diocesi ambrosiana: «Basta con le atrocità che si commettono in tante parti della terra! Basta con le ferite inguaribili che segnano la vita delle persone e dei popoli! Basta con il risentimento e l'odio che si radicano nell'animo delle persone! «Basta con l'incapacità di intravedere vie d'uscita, possibilità di tregua e di pace», scrive accorato Delpini. «La Proposta pastorale invita a rinnovare la fiducia nella grazia di Dio che basta per perseverare nella vita cristiana e propone di dire “basta!” al maschile con cui i figli degli uomini tormentano gli altri e se stessi». Lo stesso arcivescovo ha poi commentato così ai media diocesani: «L'intollerabile induce un senso di ribellione, di insofferenza verso il maschio. E con l'insofferenza cresce anche un senso di impotenza: cosa possiamo fare per dire basta alla guerra, alla violenza? A Paolo, che si lamenta per i limiti della sua fragilità, il Signore risponde: ti basta la mia grazia. Diciamo quindi basta non per lamentarci ma perché desideriamo fare tutto quello che siamo capaci di fare per porre fine a queste situazioni, anche soltanto pregare, pensare, parlare, protestare».
Richiamando la Lettera di san Paolo ai Corinzi e gli scritti di santi come Teresa d'Avila e Ignazio di Loyola, Delpini spiega che «lo smantellamento della nostra superbia apre uno spazio in cui si fa percepibile in modo limpido che tutto è frutto del dono del Signore, potenza sua che si manifesta proprio nella nostra debolezza (…). Questo ci dona anche la chiarezza e il coraggio di dire “basta” a quanto fa dimenticare il dono del Signore oa quanto lo contrasto esplicitamente».

Il Giubileo e, più in generale, «l'annuncio della salvezza, la proclamazione del Vangelo, la pratica della lectio perché la Parola di Dio sia lampada per il cammino della vita, invitano ad accogliere il dono della vita nuova. La “vita vecchia” è insopportabile: basta con il peccato!». Da qui un richiamo a dedicare una speciale attenzione al sacramento della Riconciliazione, «esposto al rischio di un'enfasi sproporzionata sul “dire i peccati”, piuttosto che sul celebrare la grazia del perdono, ed esposto anche al rischio di essere una pratica troppo individualistica »: pertanto, scrive l'arcivescovo, «è saggio proposta, motivare e curare la celebrazione comunitaria della Riconciliazione con confessione e assoluzione individuale».

Nel documento ricorre anche l'invito a una cura particolare per la confessione e la celebrazione della Messa, pena il “consumo individualistico”, una rilettura del cammino sinodale della Chiesa ambrosiana e il richiamo a due importanti appuntamenti del prossimo anno: la canonizzazione di Carlo Acutis – «Invito a guardare il giovane Carlo per diventare con lui amici di Gesù, per riconoscere che le debolezza personali sono il luogo in cui si manifesta la forza misteriosa di Dio» – e 1.700 anni dal Concilio di Nicea. «In una società innovativa, operosa, aperta e insieme incerta, spaventata, disperata – conclude monsignor Delpini – insieme con tutta la Chiesa italiana la nostra comunità cristiana ambrosiana vive la fecondità del seme, del sale, del lievito perché si conferma e si riconosce come il tralcio unito alla vite che solo così può portare molto frutto, secondo la promessa e lo stile di Gesù».





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