Economia Finanza

Nomine Ue: perché Meloni ha deciso lo strappo e i margini per ricucire


L'accordo arriva poco prima di mezzanotte. Il Consiglio europeo dà il via libera alla candidatura per un secondo mandato di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione, nomina il socialista Antonio Costa presidente del Consiglio e affida la carica al liberale estone Kaja Kallas il ruolo di Alto rappresentante per la politica estera.

La decisione sui top jobs è presa ma senza il sì dell'Italia.

Lo strappo

Giorgia Meloni vota infatti contro Costa e Kallas e decide di astenersi dalla von der Leyen. Lo strappo si consuma nel giro di una manciata di minuti ma è frutto di una scelta politica ponderata da giorni e sfociata nel duro intervento pronunciato il giorno prima dal Premier in Parlamento. Nonostante i tentativi di ricucire portati avanti soprattutto dai Popolari, Meloni ribadisce «la contrarietà del metodo seguito dai negoziatori» di Ppe, socialisti e liberali. Il rischio di “isolamento” del premier è un falso problema. Così come il fatto che l'Italia abbia parecchie pendenze verso Bruxelles, a partire dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo e dall'imminente negoziato sulla manovra. Un atteggiamento severo nei confronti dell'Italia «sarebbe vergognoso» anticipa il Presidente del Consiglio.

Il tributo agli alleati del governo

Ma va detto subito che siamo ancora al primo turno di una partita destinata a protrarsi fino al 18 luglio, quando la Plenaria del Parlamento europeo sarà chiamata a confermare la candidatura di von der Leyen. Fonti di Palazzo Chigi spiegano l'astensione nei confronti del bis di von der Leyen anche con la necessità di tenere conto delle «diverse valutazioni tra i partiti della maggioranza di governo» ovvero tra il vicepremier leghista Matteo Salvini che evoca il «colpo di Stato» e l'altro vice di Meloni, il forzista Antonio Tajani, che da vicepresidente del Ppe sostiene apertamente il secondo mandato di Ursula a Palazzo Berlaymont.

La trattativa

Ma la ragione principale è un'altra. Le stesse fonti vicine al presidente del Consiglio ci tengono a far sapere che si attende «di conoscere le linee programmatiche» che presenterà von der Leyen e soprattutto l'apertura di «un negoziato sul ruolo dell'Italia». Il gioco è in corso adesso. Direttamente tra Ursula e Giorgia. Von der Leyen per essere eletta deve conquistare la maggioranza assoluta dei 720 deputati, quindi deve raggiungere almeno quota 361. Il voto è segreto e il rischio franchi tiratori è molto alto. Al momento la maggioranza che sostiene von der Leyen – Ppe, S&D e Renew – sfiora i 400 voti. Troppo pochi per stare tranquilli. Alla candidato presidente serve un paracadute. L'apertura ai Verdi potrebbe metterle contro una parte significativa del suo stesso partito, quella parte che guarda a destra, a partire dal presidente del Ppe Manfred Weber che assieme ad Antonio Tajani continua a perorare la causa di aprire ai Conservatori, il gruppo di cui fa parte Fdi. Meloni con i suoi 24 deputati quel paracadute può fornirglielo.



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