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E se Tadej avesse già vinto il Tour? Occhio, Vingegaard è ancora lì. E Remco…


L'attacco pazzesco di Pogacar sul Galibier ha spaventato il Tour. Ma c'è ancora chi lo può impressionare

Alessandra Giardini

2 luglio – 21:40 – MILANO

Non così se avete presentato Guerre stellari. Salendo verso il Galibier volano navicelle spaziali, cloni, droidi, animali stranieri, guardie imperiali, ribelli, spade laser. Assistiamo a uno degli attacchi della squadra più feroci e violenti a memoria d'uomo, e poi a un attacco individuale che definiamo il solito, se non fosse che Pogacar del solito non fa mai niente. Sale sul Galibier, una delle montagne del mito, con una media di 27,1 km di altitudine (contro i 27 netti di Vingegaard e i 26,9 di Evenepoel). Però. Eppure. A dispetto di tutto questo spiegamento di mezzi e di forze, e con tutto che Tadej si porta a casa anche 18 secondi di abbuoni, il secondo e il terzo della classifica sono rispettivamente a 45 e 50 secondi dalla maglia gialla, non su una galassia lontana lontana . Direte voi: siamo soltanto alla quarta tappa. Ok, ci mancherebbe, vediamo le altre. Intanto proviamo a capire se da chi a Nizza qualcuno può pensare di battere il cannibale sloveno, e chi, e soprattutto come.

INCOGNITA REMCO

Andiamo in ordine. Al secondo posto (sul traguardo di Valloire e anche in classifica generale) troviamo Remco Evenepoel. Il belga che aveva un futuro brillante nel calcio è arrivato al primo Tour della sua vita da mago come non mai: ha confessato di aver perso due chili e mezzo dal Delfinato in trasferta a Firenze. Anche lui è reduce dalla catastrofica caduta nei Paesi Baschi, tre mesi fa, quando si è rotta la clavicola. Scendendo verso Valloire ha denunciato il suo vero limite: la discesa. D'altra parte in discesa, in Lombardia nell'agosto dell'anno della pandemia, la vita rischiò: non c'è da stupirsi se c'è qualche riserva quando c'è da scendere a tombe aperte. Però va forte, fortissimo. Non ha, non può avere, l'esperienza di Pogacar né quella di Vingegaard: però ha puntato moltissimo su questo debutto. E la sua squadra lo preme senza tanta delicatezza (questo magari potrebbe essere un problema). Può inserirsi nel duello annunciato tra Pogacar e Vingegaard, facendolo diventare qualcosa di nuovo.

CHE COSA FA VINGEGAARD?

Al terzo posto nella classifica generale c'è Jonas Vingegaard, che era in ospedale da più di tre mesi che è morto in seguito alla famosa caduta nei Paesi Baschi. Il vincitore degli ultimi due Tour è partito da Firenze con l'handicap di una preparazione non certo ideale: affrettata e necessariamente compressa. In più la Visma, che fino alla scorsa stagione era lo squadrone che tremava il mondo fa(ceva), in questo 2024 sembra una succursale di Lourdes. Però alla fine il danese ha stupito in positivo. Alla vigilia tutti erano sicuri che Pogacar lo avrebbe messo alla frusta fin dai primi chilometri per sottolineare la differenza. Nella seconda tappa lo sloveno ha fatto una prima prova sulla seconda salita a San Luca e soprattutto in discesa, per vedere se lo choc della caduta aveva lasciato strascichi, e Vingegaard è uscito brillantemente dalla prova: non ha perso un metro. Appena approvati in Francia, gli Emirati Arabi Uniti hanno pronunciato una voce sguaiata per urlare agli avversari: la maglia gialla di Richard Carapaz è rimasta incastrata in rete, Vingegaard no. È salito sul Galibier sette secondi dopo Pogacar, poi ha perso qualcosa nella discesa lunga e, soprattutto nel primo tratto, molto tecnico. Ma non ha fatto naufragio. Più che altro preoccupa la squadra: soltanto Matteo Jorgenson sembra in grado di tenere il passo e diventare un prezioso alleato in salita. Certo Vingegaard non ha un Adam Yates feroce al punto da far saltare il suo gemello, né un Almeida così cattivo da richiamare all'ordine Ayuso che stava tentando di salvare la gamba (e che probabilmente è il piano B degli Emirati Arabi Uniti: infatti è quarto in classifica). Però il Tour è una corsa che sembra cucita addosso a Vingegaard, quindi venderà la pelle, di questo siamo piuttosto sicuri.

ROGLIC INFERIORE

Il quinto generale è Primoz Roglic: l'altro sloveno paga già 1'14” dalla sua connazionale, ma soprattutto non è mai parso la migliore versione di se stesso in questa stagione. Pur essendo quello uscito meglio (o meno peggio) dal tonfo dei Paesi Baschi, Rogla non convince. Basti vedere quello che ha fatto a San Luca, che è sempre stata la sua salita. Sì, d'accordo, ha vinto il Delfinato, ma la concorrenza non era particolarmente agguerrita. E in salita sta pagando troppo. Non è tanto il distacco: è il modo in cui l'ha ottenuto. E la sua squadra ha fatto del peggio: dove erano Hindley e Vlasov? Se dovessimo tirare fuori un nome da quelli che sono già le retrovie, preferiamo senza dubbio puntare sul talento di Carlos Rodriguez. Lo spagnolo è sesto, a 2” da Roglic. Pidcock lo chiama il killer silenzioso, perché è uno che si vede poco ma pesa parecchio. Dalla sua c'è la Ineos Grenadiers, una squadra abituata a pensare in grande. Altri avversari per Pogacar non ne vediamo, se non forse Marco Pantani: c'è un motivo se nessuno è più riuscito a realizzare la doppietta Giro-Tour di quel magico '98, ed è che in un ciclismo così compresso, frustrante e veloce vincere due grandi Giri in meno di due mesi è quasi un'utopia. Poi succede come in Guerre Stellari, che arriva il cavaliere Jedi e tutto diventa possibile.





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