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Portrait al plurale di Mehdi Kerkouche a Spoleto – Teatro – Ansa.it


La scena è vuota, al centro c'è solo un lungo rettangolo nero, lucido, e il resto lo fanno bianco come il Teatro Romano di Spoleto e la luce del giorno che muore. Mehdi Kerkouche ha diretto alla 67/a edizione del festival dei Due Mondi diretto da Monique Veaute questo suo Portrait, ovvero ritratto, che a dispetto del titolo è uno spettacolo decisamente plurale.
Prima di tutto ci sono otto danzatori in scena, prima nove: quattro donne e quattro uomini, più uno. Tra i suoi compagni di viaggio, il Centre Chorégraphique Nationale de Créteil et du Val-de-Marne, che raccoglie artisti che vanno dai 20 ai 67 anni, provenienti dalle più diverse esperienze – hip hop, street jazz, cabaret, circo contemporaneo – così come il coreografo che ha iniziato imitando dalla tv i video di Prince, Michael Jackson, Britney Spears.
Ed è proprio la diversità dei personaggi, delle emozioni, delle età, delle provenienze, insomma appunto il plurale, a tessere la trama di questo intenso spettacolo che Mehdi Kerkouche, nei suoi 38 anni, ha portato in scena oggi per il Festival dei Due Mondi decisamente con successo, vista l'ovazione alla fine che ha costretto gli artisti a varie uscite. Otto danzatori in scena, dicevamo, tutto in grigio, più una donna dai capelli e dagli abiti bianchi a fare da contrappunto, in una simbolica veste legata ovviamente allo scorrere del tempo ma anche alla saggezza, al controllo, alla dolcezza materna che accoglie.
Quattro donne e quattro uomini, in scena tutti insieme tranne che per l'assolo di ognuno di loro con toni assolutamente diversi, per simboleggiare vari sedimenti culturali che sono propri del lavoro di Kerkouche, ballerino e coreografo francese di origini algerine provenienti dalla cultura pop, e di grande popolarità. Tutti gli elementi coniugati in Portrait dove si va dalla danza da strada fino a quella mistica, in un crescendo che entusiasma anche grazie alla musica originale elettro-pop di Lucie Antunes. “Ho sviluppato l'idea di riunire in scena un gruppo di persone che non si scelgono tra loro, ma che costituiscono un insieme nel quale le emozioni si evolvono continuamente”, spiega nelle note il coreografo. Ed è questo il senso di questo spettacolo dove, come nella vita, basso e alto, urlo e abbraccio, amore e odio, cadere e rialzarsi, e poi rimanere fermi in un piano: ogni sfumatura di ogni relazione diventa gesto simbolico, intensità pura in cui la parola non ha più nessun significato e l'essere umano diventa corpo significativo capace di librare verso l'alto o di sprofondare nell'abisso, in ogni caso di rimandare l'immagine di un ritratto che è profondamente solitario e allo stesso tempo collettivo .

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