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A Spoleto Baùbo, l’arte di Jeanne Candel – Teatro – Ansa.it


Baùbo, ovvero sull'arte di non essere morto, è come dire una sperimentazione a togliere più che a mettere, nello stesso concetto di drammaturgia. Jeanne Candel torna a Spoleto con la sua nuova creazione sul Baúbo – e non si risparmia nemmeno la presenza in scena azzardando un italiano fantastico -, che del misterioso mito greco è ben poco, se non qualche lontana eco concettuale e qualche rimando soprattutto alla vicenda, centrale nello spettacolo perché fa da spartiacque, dallo svelamento alla sorpresa, l'epifania che segna il passaggio tra il dramma e la farsa.
E del resto tutta l'opera di questo artista e regista, che ha fondato la compagnia della vita breve, cammina sul filo di questa ambiguità tra dramma e divertimento, sempre eccessivo, sempre sfrenato, senza aver paura di sfiorare il nonsense mettendo in fila una vera e propria rappresentazione d'arte.
Dopo il successo di Demi-Véronique e Le Crocodile trompeur / Didon et Énée, Candel torna al Festival dei Due Mondi e l'accoglienza del san Simone, uno dei luoghi più suggestivi della rassegna, è decisamente calorosa. Baùbo è l'anziana sacerdotessa che riuscì a far tornare il sorriso sulle labbra di Demetra, dea delle stagioni che disperata stava condannando la terra a un inverno senza fine per il dolore di aver perso la figlia Persefone rapita da Ade. Il gesto di Baùbo è semplice e rivoluzionario: solleva gli abiti e mostra il suo sesso a Demetra, che scoppia in un riso liberatorio.
Ma questo gesto, che nello spettacolo fa proprio da passaggio, contiene in sé tutti gli elementi del teatro di Candel. C'è il rapporto con la sessualità, anche questa ambigua nel suo essere gioia e tragedia, la musica, il travestimento, il buffo come la trasgressione. Ma della trasgressione della follia che è sempre coraggio della verità. La prima parte di Baùbo infatti è decisamente drammatica, e introdotta da un meraviglioso prologo, in cui la bravissima protagonista parla in una lingua immaginaria che solo chi la ama è in grado di capire, ma ben presto diventerà incomprensibile a tutti, perché l'amore dura lo spazio di una notte in una camera d'albergo. Il resto è tentativo di morire o di uccidere, per altro senza riuscirci – con un arpione che gira in scena in modo inquietante provocando la reazione del pubblico -, perché la vita e la morte sono farsa che ti porta un'orchestra di vedove con i baffi in scena per celebrare il tuo funerale in un ensemble eterogeneo composto da violino, sassofono, chitarra classica ed elettrica, contrabbasso e percussioni, con la voce del mezzosoprano Pauline Leroy e la direzione musicale di Pierre-Antoine Badaroux.
Candel racconta: ''Tutti abbiamo sperimentato la fine di un amore, e tutti reagiamo in modo diverso. Tuttavia c'è sempre un momento in cui la vita prende il sopravvento, in cui il nostro stato cambia''.
La storia di Baùbo si intreccia con le musiche di Dietrich Buxtehude e Heinrich Schütz. Di e con in scena Pierre-Antoine Badaroux, Félicie Bazelaire, Stéphanie Padel, Jeanne Candel, Richard Comte, Pauline Huruguen, Pauline Leroy, Hortense Monsaingeon, Thibault Perriard.

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