I’m looking for… I ritratti di chi cerca i migranti dispersi

di Fabiana Martini

«La rotta mediterranea e quella balcanica vedono arrivare persone provenienti da Paesi diversi e che hanno ovviamente storie diverse, ma sono accompagnate da un viaggio che non è stato scelto, che è determinato dalla guerra, dalla povertà, dai regimi. Sulle rotte incontriamo gli stessi sguardi, le stesse ferite, la stessa tenacia di chi non si arrende ed è alla ricerca della propria identità nella speranza di avere una vita dignitosa ma anche piena. Probabilmente se ascoltassimo più le loro storie, se i decisori politici ascoltassero più le loro storie, sono certo che si troverebbero soluzioni condivise umane ed efficaci e in questi giorni davvero ne ho avuto ancora più conferma». Così Vera PellegrinoResponsabile Ufficio Studi, Formazione e Promozione di Caritas Triesteal ritorno da Lampedusa, dove nei giorni scorsi è stata inaugurata la mostra di Adriana Torregrossa Sto cercando…, promossa dall'associazione culturale Cizerouno e visitabile fino a fine ottobre, e dove in collaborazione con Caritas Agrigento sono stati proposti vari eventi collaterali, che hanno potuto godere del patrocinio del Comune di Lampedusa, del Parco Valle dei Templi, dell'Archivio Storico di Lampedusa e del Museo Archeologico delle Pelagie. Occasioni preziose per «favorire l'incontro, la narrazione di storie personali, la conoscenza dei percorsi dei migranti: questo è il modo più efficace per parlare di migrazioni» ha dichiarato Valerio Landridirettore della Caritas Agrigento. «Solo attraverso la condivisione delle storie è possibile davvero abbattere il muro del pregiudizio, è possibile entrare ognuno nella storia dell'altro».

Storie di persone che hanno bisogni, ma anche sogni, diritti, come ci ricorda don Marco Pagniellodirettore di Caritas Italianache ha partecipato al tavolo rotondo Nel volto dell'altro e ha avuto modo di visitare la mostra cogliendo nei nove volti rappresentati i volti di tante persone che non hanno potuto concludere il loro progetto migratorio, perché hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l'Europa, e sono ancora attese, perché c'è sempre una relazione da cui si parte.
Questa mostra, collocata in uno spazio privilegiato del Museo Archeologico delle Pelagie, che è stata riaperta proprio in quell'occasione, ha il grande merito di rimettere al centro le persone: l'artista Adriana Torregrossacatanese di origine ma residente da anni a Trieste, ha lavorato sulle immagini di chi — padre, madre, fratello, sorella, marito, moglie — sta cercando i propri parenti dopo il “viaggio della speranza” pubblicato sul sito linkfamiglia.icrc.orgma per tutelarle, non potendo chiedere l'autorizzazione della persona interessata, si è rivolta alla tecnologia e grazie al sito foto generate è riuscito a ottenere delle immagini che rispettino le caratteristiche generali del soggetto ma non ne sconvolgano l'identità. «I ritratti in bianco e nero, realizzati con pittura a olio» dice Torregrossa «sono persone “inesistenti” generate da un algoritmo, ma allo stesso tempo sono persone che realisticamente cercano i propri cari dispersi. Sotto ogni ritratto ho scelto di mettere un libro: ognuno ha un numero diverso di pagine, ma tutte sono bianche, segno di una storia a noi sconosciuta».
Non più sconosciute sono invece ora le storie raccontate in occasione dell'iniziativa La Biblioteca vivente: due libri viventi hanno portato la propria esperienza di migranti, uno arrivato attraverso la rotta balcanica e uno attraverso quella mediterranea, in un confronto con il pubblico presente che ha potuto “sfogliare” per indagare e scoprire un mondo a molti non noto. Storie, come quella dell'artista nigeriano Chris Obehi che ha riscritto la sua storia su Palermo e l'ha raccontata attraverso la sua chitarra in un concerto che si è tenuto nella Giornata del Rifugiato. Storie in carne e ossa che fanno pensare, che interpellano con la forza della verità e con una presenza disarmata che cancella ogni paura; storie in cui il dolore, anche quello più forte, si rende alla speranza.