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Voleva mollare, poi ha spodestato Merckx: Cavendish, un giorno da Cannibale


A 39 anni voleva una vita tranquilla, poi il suo capo Vinokourov lo convinse a continuare a correre facendo leva proprio sul record di Eddy a un passo. Così Mark ha deciso che i saggi di musica dei figli potevano aspettare

C'è solo un corridoio in cui Eddy Merckx si sarebbe fatto volentieri togliere il suo disco, ed è suo figlio. Il giorno in cui Axel si dichiarò campione del Belgio su strada, nel 2000, percorrendo venti chilometri dal traguardo e lasciando fermo uno come Frank Vandenbroucke, Eddy era lì a fare il commentatore per la tivù belga, e non riuscì a dire una parola per tutti gli ultimi dieci chilometri. Ero emozionato. “È molto più facile correre che stare a guardare”, raccontò appena ripreso fiato. Perché c'è solo una cosa più bella da vincere, ed è vedere vincere tuo figlio. Eddy disse che era più contento allora di trent'anni prima, quando divenne lui il campione nazionale, a Yvoir. La sua vittoria, tra tante, non riuscì a distinguerla nella memoria, quella di Axel non l'avrebbe mai dimenticata. Perché ci vuole il coraggio di fare il corridore in bicicletta se tuo padre è Eddy Merckx. E lui quel coraggio l'aveva. Non ha classe, dicevano. Ma lui era paziente, tenace, si dimostrò di poter stare in gruppo e poi è diventato uno dei tecnici più bravi del mondo: a costruire talenti, e a farli crescere con pazienza e amore. Un giorno un giornalista raccontò le chiese che cosa provassero a gareggiare in una corsa che suo padre aveva vinto trent'anni prima. Axel si è stupito: “Guarda che mio padre le ha vinte tutte le corse dei trent'anni fa”.



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