Ricette

Consumo di pesce in Europa: a luglio «finisce» quello pescato nel Mediterraneo


Ipotizziamo che sulle tavole degli europei arrivi solo pesce del Mediterraneo. Oggi sarebbe finito e si dovrebbe aspettare l'inizio del 2025 per poterne consumare altro. È il paradosso utilizzato dal Wwf per denunciare lo sfruttamento delle risorse ittiche del Mediterraneo in vista del “Fish Dependence Day”, momento in cui l'Europa esaurisce virtualmente l'equivalente della produzione interna annua di pesce, molluschi e crostacei.
Una ricorrenza che cadrà in concomitanza della 36esima edizione del Comitato per la Pesca della Fao a Roma dall'8 al 12 luglio.

Con il 58% degli stock ittici sovrapescati – dice il Wwf – il Mediterraneo «è il secondo mare più sovrafruttato al mondo» (contro il 37,7% a livello globale), condizioni acute nel primo luogo il cambiamento climatico. «Se nei primi sei mesi avessimo consumato solo le risorse dei nostri mari – spiegano – da luglio a fine anno queste non sarebbero più disponibili e l'Europa dovrebbe ricorrere alle pressioni per sostenere la crescente richiesta dei consumatori».

La domanda europea, infatti, è alta: ogni cittadino consuma media 24 chili di pesce l'anno pro capite e gli italiani la superano con 31,21 chili.
L'aumento della domanda, soprattutto nel periodo estivo, «fa sì che la pesca sia eccessiva». Le specie più colpite dal sovrasfruttamento, secondo il Wwf, sono nasello, sardina, i gamberi (viola e rosa) e la triglia di fango. Una situazione ulteriormente aggravata dalla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata che mette a rischio gli ecosistemi marini e le economie locali.

Da qui il richiamo del Wwf sull'importanza di «comportamenti di consumo responsabili». Azioni umane a cui si sommano gli effetti della crisi climatica che mette a rischio la metà della produzione mondiale di pesce. Il riscaldamento degli oceani potrebbe portare a un calo fino al 40% dello stock entro il 2100. Nel Mediterraneo, invece, sta causando la tropicalizzazione con quasi 126 specie aliene presenti; quello che porta ad uno riduzione delle specie autoctone fino al 40% in alcune areeper motivi di competizione o predazione. Tra gli altri effetti anche la proliferazione delle meduse e la diminuzione della capacità di stoccaggio della CO2 dovuta alla riduzione delle praterie di posidonia.



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