Economia Finanza

L'ultima infatuazione Pd. Ma la sinistra british è agli antipodi di Schlein




Così come già successo con Blair, Zapatero, Obama, Hollande, Biden, Tsipras, Lula, Sànchez e perfino col polacco Tusk, un popolare fatto passare per progressista puntualmente il riflesso pavloviano della sinistra italiana da esibire per le vittorie di chiunque indossi i suoi stessi colori pure se gioca a un altro sport non si è fatto attendere, e in queste ore è scattata la gara a vedere nella vittoria epocale del Labour Vaticano dei prossimi trionfi democratici in casa nostra.

Posto che c'è sempre qualcosa di imbarazzante nel ridurre tutto il mondo al cortile di casa propria, con dichiarazioni che politicamente sono l'equivalente di certi strafalcioni maccheronici tipo I know my chickens, vale la pena analizzare perché l'affermazione poderosa della sinistra di Keir Starmer non ha poi così granché da fare a schierarsi con le forze dell'ordine del «campo largo». Campo ampio, tanto per seguire la corrente.

1) Il modello della leader del Pd Elly Schlein, tuttavia, è sempre stato Jeremy Corbyn, esponente del radicalismo transatlantico insieme alla star americana Alexandra Ocasio Cortez. E con Corbyn alla guida, uno che sosteneva come il Regno Unito dovesse «imparare da Karl Marx», i laboristi non hanno toccato palla.

2) Starmer viene definito dagli analisti «sinistra silenziosa», una sinistra moderata, che non vuole «ammazzare il capitalismo», cosa che in effetti, nella patria del capitalismo, può portare solo all'opposizione o al centro di malattie mentali. Oggi il Pd in ​​Italia è alleato con due partiti che stanno l'ombrello europeo della sinistra radicale: i rossoverdi di Avs, con Fratoianni e Bonelli, quelli che per intente sostengono l'occupazione della proprietà privata e candidano una condanna per violenze politiche, ei populisti assistenzialisti a 5 Stelle di Conte. La sinistra c'è, manca il silenzio.

3) Il nuovo Labour proposto da Starmer è tutto tranne che emotivo e utopico. Eufemismo, poche promesse (perfino sulla odiata Brexit il nuovo premier non ha vagheggiato il referendum ma lo ha realisticamente proposto in accordo con l'Europa), niente «percorsi», «cicli positivi di circolarità»; e anche pochissime crociate sui diritti Lgbtq per dire la verità. Caso, lavoro e soprattutto sanità pubblica, temi che nella narrazione dell'opposizione sono quasi considerati troppo, noi e necessarie che però distraggono dalle vere priorità: il ritorno del fascismo.

3bis) Sarà che ad Albione il fascismo non ha mai attecchito, ma il livello di demonizzazione dell'avversario a cui si giunge in Italia e in Francia là se lo scordano.

4) La base sociale, così come l'estrazione dei leader, è diversa. Starmer è un «working class self-made man», figlio di operai a cui si riferisce Elly Schlein, proveniente da una venerabile famiglia di accademici svizzero-italo-americana. Fare parte dell'élite non è un difetto, ma qualche differenza di prospettiva la causa.

5) Mentre ogni sabato i rappresentanti del campo largo scendevano in piazza contro Israele al fianco di chi bruciava i manichini di Netanyahu e cantava l'inno di Hamas, Starmer ha ripulito il partito dai mefitici resti antisemiti del gruppo dirigente corbyniano. Il che non significa giustificare le strategie dell'esercito israeliano, ma mantenere una linea di politica estera atlantista e seria. Più o meno il contrario di una coalizione che candida Tarquinio e Salis ed è scossa da pulsioni anti-americane sempre più evidenti.

6) Su sicurezza e immigrazione, Starmer non intende derogare. Conscio del fatto che sono temi condivisi e non di parte, probabilmente spingerà per una facilitazione di un'immigrazione controllata, ma è escluso che nel suo pantheon personale trovi posto una come Carola Rackete, che la sinistra italiana ha canonizzato beata in quanto protettrice dei clandestini .

7) Infine, cambiano legge elettorale (uninominale secco nel Regno Unito, misto in Italia) e contesto. Il «nuovo vento» spazza via l'aria stantia. In Gran Bretagna i laburisti sono stati chiamati a cancellare 14 anni di governi conservatori che si sono pian piano accartocciati su se stessi, dalla Brexit in poi, vittime di scelte sbagliate, lotte intestine e incapacità. In Italia il nuovo vento ha iniziato a spirare un paio di anni fa, ma in direzione contraria, dopo parecchi anni di stasi e governi tecnici, ingovernabilità e pastrocchi in cui la sinistra era sempre e comunque presente nella stanza dei bottoni con Monti, Letta, Renzi, Gentiloni e Conte. Nuovo, ma mica tanto.

Insomma, il governo laburista probabilmente farà cose che ai conservatori e ai liberali piaceranno poco, alzerà le tasse, continuerà nel green deal economicamente suicida. Però al momento sembra volerlo fare da una posizione di realismo e basso profilo che con la risultante sinistra della nostra casa c'è poco da fare.

Al contrario, forse una lezione da quanto succede Oltremanica può travolgerla invece la maggioranza: non solo per il Pil, lo standing internazionale e la paura dei socialisti palpita il cuore dell'elettorato conservatore.

La diminuzione del potere di acquisto dei cittadini, l'arroganza e le prove di inettitudine della classe politica (vedi i festini durante il Covid di Boris Johnson o il tragico governo lampo di Liz Truss) e soprattutto l'incapacità di gestire il sistema sanitario nazionale sono cose che possono spazzare via la fiducia conquistata. Perché se i cittadini non possono curarsi, difficilmente avranno voglia di votare ed è su questo enorme tema, oltre che sulle riforme, che il governo dovrà confrontarsi. Ma questo a occhio Meloni lo sa già.



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