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Elezioni francesi, chi ha vinto e chi ha perso tra i leader


Chi ha vinto? Chi ha persona? Dopo una campagna elettorale ricca di colpi di scena, compreso evidentemente il finale imprevisto (solo intravisto, in realtà, dai sondaggi), non è impossibile capire chi ha oggi le migliori prospettive per il futuro politico. La situazione è in rapido sviluppo, ma qualche punto fermo non manca.

Emmanuel Macron

Non ha persona, ma non ha vinto. Il presidente è stato fortemente critico nei confronti della sua decisione di sciogliere l'Assemblea, senza praticamente consultare nessuno. Oggi qualcuno ha rivalutato la sua scelta: l'alternativa sarebbe stata vedere il governo di minoranza, continuamente fomentato dalla propaganda dei lepenisti “vittoriosi” in tutta Europa. Non tutto è andato però come lui desiderava, probabilmente. Non è previsto il cartello elettorale della sinistra, che probabilmente si scioglierà presto (ma non subito). Uno scenario in cui Bardella era nominato primo ministro, costretto a rinunciare subito o dopo un infruttuoso tentativo sarebbe stato, per il presidente, molto più proficuo politicamente. Ora sarà costretto, verosimilmente, a una difficoltà semi-convivenza con i Repubblicani e una parte della sinistra.

AP

Gabriele Attal

Ha mantenuto la rotta e ha avuto ragione. Il giovane primo ministro non sarà riconfermato nella carica ma ha subito aperto la porta a una coalizione del “campo repubblicano”, dai golisti fino alla sinistra non radicale, per il dopo elezioni. La sua vicinanza, in passato, al Partito socialista lo ha aiutato a tenere le porte aperte. Molti dei suoi ministri e degli alleati di Macron non hanno capito e hanno adottato un approccio più rigido, soprattutto nel momento in cui si è trattato di decidere le desistenze, rinunciando alla candidatura per favorire lo sbarramento al Rassemblement national. C'è stato un errore: oggi la sinistra può rivendicare di aver contribuito all'affermazione del campo presidenziale e, nello stesso tempo, rimproverare ai macroniani di non aver fatto lo stesso fino in fondo. La distanza con Bardella, in termini di competenza e capacità di governo, emersa nel dibattito televisivo, ha sicuramente contribuito al risultato finale.

Reuters

Marina Le Pen

Ha perso, inequivocabilmente. La vittoria dell'Europa è stata la fonte della sconfitta della Legislatura e ora deve sciogliere questo paradosso per poter andare avanti. Ha sbagliato molti passaggi: ha tentato, negli ultimi giorni, di recuperare la visibilità perduta nei confronti del “delfino” Jordan Bardella, più bravo nell'intercettare il voto dei giovani (che restano però più affezionati alla sinistra) e nella de-diabolizzazione del partito. Ha fatto intravedere un governo in continuo conflitto con il presidente, pronto a contestare le prassi costituzionali; ha evocato un colpo di stato amministrativo, che non c'è stato, così come nelle scorse settimane aveva parlato di un colpo di stato di fronte alle sentenze del Consiglio costituzionale che hanno abrogato alcune norme della legge sull'immigrazione. Sostenuta apertamente da Mosca, ha preso posizioni sull'Ucraina che, di fatto, hanno aiutato Putin, poiché lui non ha utilizzato le armi francesi sul territorio russo. Troppi candidati, infine, «non dovrebbero essere candidati», come ha ammesso il vicepresidente del partito Louis Alliot: hanno ricordato che il vecchio Front National non è morto. Il rispetto per Bardella è stato però più “istituzionale” nel riconoscere la sconfitta. Come se non ne fosse del tutto scontento: «La vittoria è stata rinviata». Pensa alle presidenziali, ma il suo tempo potrebbe essere finito.

LaPresse

Jean-Luc Mélenchon

Vuol far credere di aver vinto, ma è destinato quasi sicuramente a perderlo. Non è la guida della coalizione di sinistra, che mal lo sopporta e, a differenza di quanto avverrà nel 2022, non lo ha indicato come candidato primo ministro e anche oggi, dopo il voto, prosegue su questa strada. Ha avuto un peso nella coalizione, la sua rigidità ha allontanato diversi dissidenti – alcuni dei quali sono stati rieletti – e altri sono stati sganciati dalla Francia Insoumise subito dopo il voto. È stato in grado di rivendicare per primo la vittoria e l'incarico di governo per il cartello elettorale del Nuovo Fronte Nazionale, ma non può ottenere entrambi i suoi obiettivi: non restare isolato e non cedere il proprio programma di democrazia radicale. Almeno uno dei due è stato abbandonato, più probabilmente il primo, anche a causa della situazione politica complessiva.



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