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Identità di genere tra gli adolescenti: il 3,6% non si identifica come maschio o femmina – Orizzonte Scuola Notizie


Un'importante indagine nazionale sugli stili di vita degli adolescenti in Italia ha rivelato un dato significativo riguardante l'identità di genere. L'edizione 2024 dello studio, condotta dal Laboratorio adolescenza e dall'Istituto di ricerca Iard, con il supporto di Mediatyche Srl, ha introdotto per la prima volta l'opzione “non mi identifico” nella domanda sull'appartenenza di genere.

Il risultato? Il 3,6% del campione ha scelto questa terza opzione, oltre ai tradizionali “maschio” e “femmina”.

L'indagine, che ha coinvolto 3.427 studenti tra i 13 ei 19 anni rappresentanti il ​​territorio nazionale, ha risposto a una richiesta avanzata dagli stessi ragazzi attraverso i loro insegnanti. Gli autori dello studio spiegano che l'anno scorso non avevano accolto questa richiesta a causa delle preoccupazioni espresse da alcuni dirigenti scolastici circa possibili “reazioni” da parte dei genitori. Quest'anno, tuttavia, hanno deciso di fare un passo avanti, offrendo questa “opzione di libertà” che cerca “di contribuire a far rientrare nella normalità una condizione esistente e diffusa”.

Piernicola Garofalo, endocrinologo e già presidente della Società italiana di medicina dell'adolescenza, commenta il risultato definendolo “un'importante opportunità di offerta agli adolescenti e un dato interessante da registrare”. Garofalo suggerisce che, confrontando questo studio con ricerche simili condotte negli Stati Uniti, il 3,6% potrebbe addirittura sottostimare la realtà.

L'esperto sottolinea l'importanza di questo approccio: “Il nostro interesse primario di medici ed educatori deve essere quello di dare la possibilità ai giovani di esprimere serenamente la percezione che hanno della loro identità, con tutte le sfumature e le incertezze che caratterizzano questo percorso”. L'obiettivo è quello di poter offrire il supporto più adeguato quando necessario.

Garofalo si mette in guardia contro il rischio di ignorare o cercare di occultare il fenomeno, definendo tale atteggiamento una “imperdonabile disattenzione”.



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