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Quelle tre riforme che sviliscono la partecipazione e il Parlamento



L'esito delle elezioni europee, al di là del risultato, ci consegna un forte astensionismo. Questa disaffezione alla politica – tanto grave, perché essicca uno dei doveri civici fondamentali della democrazia, pilastro della sua sopravvivenza, ossia la partecipazione popolare – si viene a manifestare in un tempo che, almeno a parole, sembra voler esaltare invece proprio il protagonismo dei cittadini, grazie alle proposte di revisione promosse per favorire, al contrario, una loro maggiore partecipazione alla vita pubblica. Eppure, sebbene con pesi diversificati, le riforme del Governo Meloni – all’interno di una chiara spartizione: quella a Fratelli d’Italia, il premier; alla Lega, l'autonomia differenziata; a Forza Italia, la separazione delle carriere – sembrano accomunate da un filo rosso opposto e contrario: quello di voler ridurre la partecipazione dei cittadini, e dunque, di conseguenza, di svilire gli spazi di attività del Parlamento. Vediamo il perché. Il premier annienta la forza della legittimazione diretta del premier perché tradisce il voto degli elettori sin da subito, in quanto questi possono essere, senza patemi, disarcionati dalla sua stessa maggioranza. Lo “scegli tu” – lo slogan è già pronto – è quindi un “cavallo di Troia” rispetto all'intento “decisionale”, finendo per essere soltanto un dannoso irrigidimento della forma di governo e un fittizio simulacro di una maggiore partecipazione dei cittadini; i quali, una volta scelti, possono essere infatti scaricati – senza ansia – alla prima curva. Del pari riguardo alla proposta di autonomia legislativa differenziata. Se infatti sembra promuovere, ampliando fino a 23 materie che possono essere trasferite alle Regioni, un maggiore radicamento territoriale e dunque una più intensa partecipazione dei cittadini alla vita politica regionale – secondo la logica più tutela regionale dei diritti, più partecipazione – nei fatti, invece, non riduce gli spazi. Infatti non soltanto la diversificazione regionale è priva di finanziamenti, ma esclude il Parlamento a vantaggio del Governo in quanto solo quest'ultimo tratterà con le Regioni. Dunque, si indebolisce e si parcellizza la partecipazione, e perciò la si essicca. E poi c'è la separazione delle cariche dei magistrati che, al di là delle tecnicalità, ancora non è chiaro come potrebbe evitare di minare l'indipendenza del potere giudiziario, e con esso quindi la separazione dei poteri. Questo è il cuore, evidentemente, di ogni rappresentante della democrazia. Insomma, tre riforme schizofreniche che allontanano la partecipazione. Ma che – paradosso finale – si vuole far passare senza sosta, a maggioranza, per via referendaria, fuori da un chiaro confronto in Parlamento, dove sono già stati costituiti i comitati referendari. Nonostante, ad esempio, riguardo alla premierazione, mancano ancora i tre passaggi in Parlamento previsti dalla Costituzione. Una vera follia. Cosa dire: rimaniamo vigili.





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