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Salari migliori per arrestare la fuga all'estero Agenzia di stampa Italpress – Italpress


ROMA (ITALPRESS) – L'Italia continua la sua crisi salariale, come confermato dai dati dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). Nonostante il record di occupazione registrato negli stati dell'area sia ormai ai massimi storici, gli stipendi reali in Italia sono in flessione. Nel 2023, l'Italia ha registrato un calo del 6,9% rispetto al 2019. Ciò significa che gli stipendi reali (al netto dell'inflazione) sono diminuiti nel periodo post-pandemia da Covid-19. Dunque la stagnazione salariale iniziata dagli anni 90, e mai interrotta, si è aggravata ulteriormente. Si tratta di un campanello d'allarme che non può essere trascurato, pena l'innesco di una reazione economico-sociale di dimensioni molto pericolose. È bene ricordare che tra il 1991 e il 2023, gli stipendi reali in Italia sono cresciuti solo del +1%, a fronte di una media del 32,5% nei Paesi dell'OCSE. Ciò indica una significativa stagnazione degli stipendi reali nel lungo termine.
L'Italia è il terzo Paese dell'OCSE per stipendi reali, superato in peggio solo da Repubblica Ceca e Svezia. Tanti sono i fattori che hanno provocato questa disarmante situazione, ed occorrerà presto prendere misure molto risolte. Infatti le tasse nazionali e locali che opprimono il lavoro dipendente diventano molto pesanti e ingiuste. Ormai la progressività nella regolazione della distribuzione dei pesi fiscali ha creato delle disparità temporali di trattamento ingiustificabili: l'inesorabilità ritenuta alla fonte applicata al lavoro dipendente e pensionato si applica ad ogni disfunzione negli altri prelievi favorendo speculazioni e persino incentivi di fatto all'elusione ed evasione.
Un'altra questione che ha avuto una significativa influenza negativa sui salari riguarda la scarsa propensione delle parti sociali a privilegiare nella contrattazione collettiva nazionale ed aziendale i criteri di premio da applicare alla maggiore produttività nel lavoro e alla redditività dell'azienda.
Anche la scarsa attenzione a remunerare meglio le professionalità alte e medie crea una condizione salariale non favorevole all'ambizione dei lavoratori di migliorare professionalmente. La contrattazione collettiva avrebbe bisogno di una rivoluzione, accompagnata da un'azione governativa e politica concertata per mettere a punto politiche fiscali, di politiche attive del lavoro stabili nel tempo, in modo da raggiungere gli obiettivi dell'efficienza salariale in Italia sinora e da tempi compromessi. Richiedere aumenti salariali in questo quadro nei rinnovi dei contratti potrà dare risultati significativi. Governo e opposizioni in luoghi di improbabili soluzioni da specchietti per le allodole, farebbero bene, insieme alle parti sociali, a dotarsi delle stesse bussole per progetti fondati e responsabili, capaci di superare l'attuale stallo.
L'insufficienza di qualifiche medie e alte abbinata alla fuga verso l'estero in cerca di stipendi migliori può essere arrestata, con buoni stipendi legati a un nuovo clima legato a efficienza e produttività. La rivoluzione non più rinviabile nell'istruzione italiana collegata alle nostre produzioni dovrà programmarsi nella concertazione tra parti sociali e governo. Dunque una nuova stagione che seppellisce quella della lamentela della precarietà e dei bassi stipendi senza soluzioni credibili, se non offerte troppo di assistenzialismo fine a se stesso. Questo modo di procedere potrà servire nelle campagne elettorali per illuminare qualche persona disperata, ma non per cambiare le cose.

– foto: Agenzia Fotogramma –
(ITALPRESS).

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