Economia Finanza

Trump e Berlusconi, quando il leader ferito cerca e trova la sintonia col suo popolo




Quindici anni e più di seimila chilometri di distanza. Eppure quei due video, quei due attentati, di là e di qua dell'oceano, potrebbero sovrapporsi perfettamente in una sala immaginifica di montaggio della storia. Anche se per la politica, e non solo, è passata praticamente un'era geologica.

Italia, Milano, piazza del Duomo, 13 dicembre 2009.

Pennsylvania, Butler, 13 luglio 2024. Silvio Berlusconi e Donald Trump. Due politici, due imprenditori, due uomini. Diversissimi. Eppure identici di fronte al pericolo. L'immagine di Trump che, dopo essere stato colpito all'orecchio da un colpo di fucile, con il volto ancora rigato di sangue, cerca il contatto visivo con il suo popolo e alza il pugno davanti alla sua folla, per tranquillizzarla e per il tempo stesso motivandola, non può non ricordare l'attenzione subìta dal Cavaliere nel 2009.

Torniamo indietro di quindici anni: Silvio Berlusconi, allora presidente del Consiglio, come Trump al centro di una violenta campagna mediatica al limite della mostrificazione, viene colpito al volto da una statuetta del Duomo scolpita da Massimo Tartaglia. L'impatto è violento, il volto di Berlusconi diventa immediatamente una maschera rossa di sangue, gli uomini della sicurezza del Cavaliere cercano di infilarlo nell'automobile blindata e portarlo via il prima possibile, scongiurando un eventuale secondo attacco che potrebbe essere anche fatale, ma lui si divincola e col volto sfregiato, i denti rotti e gli occhi increduli salgono sul predellino della vettura per salutare la sua gente.

Ecco, l'immagine è ferma.

L'istantanea. Il quadro. Il gesto che dalla quotidianità si trasloca direttamente nella storia. E hanno voglia i ragionieri dei sentimenti e gli addomesticatori degli impulsi a dire che non si fa, che non è sicuro, che scappato il primo colpo bisogna scappare perché non si vince alla lotteria due volte di seguito, che è irragionevole rimanere sul luogo dell' Aggiunto. Tutto vero, tutto giusto, tutto poco umano e ancora meno da leader. E sbaglia anche chi vede in quell'ostensione del volto ferito un'abile mossa di comunicazione.

Tutto altro: non c'è nulla di razionale, c'è quel rapporto fisico, quasi animalesco, che caratterizza i leader ei loro popoli; c'è quello spirito indomito, ai limiti dell'incoscienza, che spinge a

rialzare la testa anche di fronte al pericolo; c'è il coraggio dell'uomo forte di mostrarsi in pubblico anche nel momento di massima debolezza, quando negli occhi, velati dalla rabbia, balugina ancora la visione della morte.



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