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Ciccio Martino, la storia del primo signore degli anelli: cent’anni fa doppio oro olimpico


Il ginnasta barese a Parigi 2024 si impone anche nel concorso a squadre, poi lasciò la ginnastica

Giornalista

18 luglio – 08:59 – MILANO

È il primo “Signore degli anelli” della storia. Ma non c'entrano i personaggi principali del romanzo di Tolkien e nemmeno Yuri Chechi. oro olimpico ad Atlanta 1996 nella stessa specialità. Il protagonista è Francesco Martino da Bari. Classe 1900, addì 13 luglio. Una data che ne illumina il destino. Perché, se nasci durante i (pessimi) primi Giochi di Parigi e alla vigilia dell'anniversario della presa della Bastiglia, festa nazionale francese, non puoi che essere segnato, in qualche modo, dagli uni e dall'altra. Come infatti accadrà poco meno di cinque lustri più tardi.

sulla sponda della senna

Questa è la storia di un due volte olimpionico contro ogni pronostico. Prima agli anelli e due giorni più tardi nel concorso a squadre di ginnastica. Una storia che compie un secolo oggi e si allunga fino a sabato, 20 luglio. Una storia che comincia grazie a Charles Pierre de Frédy, barone di Coubertin, il padre dei Giochi olimpici moderni. Questi, nel 1921, chiede e ottiene che, nel 1924, la sua città natale omaggi quei Giochi snobbati nel 1900, mettendone a rischio l'esistenza con un'organizzazione caotica e scandita, di conseguenza, dall'indifferenza. Così, la capitale della Francia è la prima ad aver ospitato per la seconda volta i Giochi. Ma stavolta le cose vanno molto meglio. E l'Olimpiade cento anni fa passa agli annali con un successo per la qualità degli atleti, per l'immagine della città e per il pubblico che la segue.

la conferma

Durante l'edizione del 1924 si trova conferma delle proprie eccelse qualità da mezzofondista un finlandese, Paavo Nurmi. Figlio di un carpentiere, nel 1920 ad Anversa ha conquistato tre ori e un argento. A Parigi si migliora: cinque ori (1.500 m, 5.000 m, 3.000 ma squadre, cross individuale ea squadre). Il che gli vale in eterno il soprannome di “uomo-metronomo”. Anche perché, quattro più tardi, ad Amsterdam, otterrà due argenti e un oro. Quelli del 1924 sono puri gli ultimi Giochi del tennis, escluso dal programma per manifesto professionismo sino alla riammissione del 1984 a Los Angeles. Ma anche i Giochi di Harold Osborn, che trionfa sia nel salto in alto – disciplina in cui inventa uno stile che porta il suo nome – che nel decathlon. Oltre che, nel calcio, dell'Uruguay di José Leandro Andrade, la “Maravilla Negra”, esaltata dalla divisa celeste che indossa. L'Uruguay “entra in geografia” superando – nell'ordine – Jugoslavia, Usa, Francia, Olanda e, in finale, la Svizzera, giustiziera dell'Italia di Vittorio Pozzo nei quarti. Tra gli azzurri, c'è Virgilio Felice Levratto, il “centrattacco” immortalato dal Quartetto Cetra nel 1959. Con un tiro colpisce negli ottavi il portiere lussemburghese, provocandogli un profondo taglio alla lingua e inducendolo ad allontanarsi dalla porta ogni volta che lo “sfondareti ” capita dalle sue parti.

cinema e premi

Ancora non invitata la Germania, cattiva e sconfitta, si consacrano almeno altri tre atleti, oltre a Martino. Il primo è l'americano Johnny Weissmuller: nuota per la prima volta i 100 sl in meno di un minuto ai Giochi (59”) e porta a casa tre ori più un bronzo nella pallanuoto. Nei 400 sl, precede il primatista mondiale Arne Borg, uno svedese che si dice gareggi con un solo polmone. Weissmuller si ripeterà ad Amsterdam 1928: oro nei 100 sl e nella staffetta 4×200. Poi diventerà il miglior Tarzan e la storia del cinema di Hollywood. Da celebrare anche le vittorie dei velocisti britannici Harold Abrahams (100 m) ed Eric Liddell (400 m), religiosissimo, quest'ultimo – predicatore – non corre i 100 m perché la gara è fissata di futuro domenica, giorno consacrato al Signore. Entrambi saranno immortalati nel film di Hugh Hudson, Momenti di gloria, del 1981, che conquisterà sette nomination e quattro Oscar.

una palestra

Tocca a Francesco Martino, “Ciccio” per tutti. Gli sarà dedicata la palestra di via Napoli a Bari: la ex Gil. Quell'edificio in ghisa, ricoperto di legno, che nel 1925 è stato trasportato da corso Cavour alla sede attuale, porta il suo nome. Il nome di colui che, a Parigi, conquista due ori. Uno il 18 luglio 1924, giusto cento anni fa, davanti ai 50mila spettatori entusiasti e sorpresi dello stadio Colombe, lo stesso impianto in cui gli azzurri di Pozzo vinceranno nel 1938 il secondo titolo mondiale a spese dell'Ungheria (4-2). Lo stesso impianto – per tornare al cinema – in cui il regista John Huston ambienterà nel 1981 la partita finale di Fuga per la vittoriacon scena girata però a Budapest e Hudson girerà la ripresa conclusiva della corsa di Liddell nel già citato Momenti di gloria (1981).

Squadra

Il secondo titolo olimpico di Martino, quello nel concorso a squadre di ginnastica artistica, giunge il 20 luglio. Due ori in tre giorni. Non un'impresa da poco innanzi al pubblico di un Paese che ci guarda di traverso, soprattutto dopo l'assassinio, poche settimane prima delle gare, del deputato socialista Giacomo Matteotti: un atto che ha smascherato – caso mai ce ne fosse stato bisogno – le vere intenzioni del Duce. Anche fuori dai confini italici.

vita

“Ciccio” si rivela a 9 anni con una verticale perfetta in un cantuccio della scenario di via Garruba, prima sede dell'Angiulli, la società per cui gareggerà e vincerà. Lì ha accompagnato i fratelli maggiori Angelo e Raffaele, che lo guardano stupiti: “Uagliò, ma sei più bravo di noi”. Lo fermano i tre anni trascorsi nella Regia Marina, in cui si arruola giovanissimo come volontario durante la Grande Guerra. Una guerra che si porta via il fratello Raffaele e che non toglierà mai dallo sguardo del fratello minore una velata tristezza. Martino viene assegnato alla Flottiglia Mas come sommergibilista. Si guadagna una medaglia al valor militare per un paio di operazione di bonifica dalle mine nello stretto dei Dardanelli e nel mar Nero. Poi torna alla ginnastica. Braccia scultoree, dorso e torace potenti gli valgono un posto nella squadra italiana per l'Olimpiade parigina. È l'unico meridionale in un gruppo composto atleti del nord. Il primo trionfo giunge agli anelli: con 21,553 punti supera i cecoslovacchi Robert Prazak e Ladislav Vacha. Il secondo nel concorso a squadre, davanti a Francia e Svizzera. La”Gazzetta dello Sport” celebra l'olimpionico barese sull'edizione del 19 luglio 1924. Sotto il titolo I primi nostri successi nella ginnasticasi legge: “Francesco Martino vincitore nella gara individuale agli anelli. La nostra squadra accumula punti per la formazione collettiva. Vittorie straniere alla sbarra e alle parallele“.

Rientro

A Bari viene accolto da eroe. Torna aa, in via Melo. Si prende gli allori, continua a lavorare come impiegato – anche se sempre con incarichi più importanti – all'Acquedotto pugliese. Soprattutto, lascia la ginnastica. Ha dato troppo, ha ricevuto tutto. Si fa da parte. Campione e gentiluomo, si presenta inchinandosi: “Sono Martino, campione del mondo!”. Morirà a Bari nel 1965. La sua storia è stata ricostruita dal giornalista Rai Gigi Cavone nel saggio “Cento di questi anelli. Francesco Martino e l'impresa olimpica di Parigi 1924”, edito dalla WIP. Perché tutto accade cento anni fa. Settantadue prima di Chechi, l'altro signore degli anelli azzurro. Non il primo.





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