Economia Finanza

Nuova linea per il caccia Gcap: cosa rivelano le nuove immagini




Da Farnborough (Regno Unito), dove si sta tenendo il biennale salone internazionale dell'aerospazio, ci arrivano le immagini di una nuova versione del Gcap (Programma globale di combattimento aereo), ovvero del cacciabombardiere di sesta generazione progettato e costruito da Italia, Regno Unito e Giappone erede del “progetto Tempest”. L'ultima configurazione concettuale della caccia mostra un disegno parzialmente rivisto che sembra andare incontro a esigenze di prestazioni più a lungo raggio combinate con una significativa capacità di carico utile.

Da quanto si è potuto osservare, il Gcap mostrato a Farnborough presenta un'ala significativamente più grande, con una pianta a delta modificata. Un'ala più grande e le dimensioni complessive maggiori del nuovo modello suggeriscono che si sta puntando verso l'aumento del raggio d'azione e del carico utile: la capacità interna aggiuntiva è destinata potenzialmente a ospitare più carburante e più armamenti, considerando che, a livello della progettistica aeronautica globale, si sta ormai virando verso la disposizione di questi ultimi in baie interne alla fusoliera per conservare il più possibile le caratteristiche stealth e diminuire nel contemporaneo la resistenza aerodinamica.

Se l'ala è stata modificata in modo più vistoso, ampliandola in un delta a bordo di uscita dritto rispetto al disegno precedente, anche il muso dell'aereo è stato modificato, rendendolo più simile a quello dell'F-22, molto probabilmente perché ci si è accorti delle migliori caratteristiche di quest'ultimo per quanto riguarda la riflessione dell'energia radar.

Modificare l'ala ha comportato necessariamente anche la modifica delle superfici di controllo verticale, che ora sono più “convenzionali” e non si estendono molto oltre la soglia del bordo di uscita alare.

Naturalmente, quest'ultimo modello è solo un “concetto” per il Gcap, ovvero esprimere una possibilità di come potrebbe apparire nella realtà, e pertanto è bene ricordare di non considerarlo come il progetto definitivo, bensì come uno studio aggiornato della struttura complessiva del velivolo che quasi sicuramente è il risultato delle consulenze coi partner costruttori, in particolare con l'italiana Leonardo e con il giapponese Industrie pesanti Mitsubishi.

Sempre da Farnborough arriva la notizia che la possibilità che un altro partner entri nel progetto Gcap resta aperta: Guglielmo Mavigliaa capo del programma per quanto riguarda Leonardo, ha affermato Che “quello che possiamo dire è che stiamo sviluppando una struttura capace e aperta ad altri partner – i partner sono assolutamente importanti perché il mercato di esportazione è rilevante per il business case [del programma]”. Quando è stato chiesto se l'introduzione di un nuovo Paese partner potrebbe causare ritardi nel proseguimento del programma, Maviglia ha affermato che è improbabile e che “richiederebbe uno sforzo aggiuntivo” il mio che “quello che posso assicurarvi è che, nel caso in cui venisse presa una tale decisione, non interromperebbe le nostre attività in corso: abbiamo un quadro chiaro del programma e del raggiungimento dei nostri obiettivi”.

La possibilità di ampliare il partenariato per il Gcap è qualcosa che è nell'aria del tempo, e si ritiene che il candidato più probabile possa essere l'Arabia Saudita che in passato ha acquistato il prodotto “Tornado” dal consorzio transnazionale Panavia, che vedeva la partecipazione di Regno Unito, Italia e Germania. Recentemente Riad ha mostrato interesse per una seconda tranche di Eurofighter “Typhoon”, che è già presente nella sua linea caccia, ma Berlino si era inizialmente opposta per questioni politiche, mentre Londra è riuscita a mediare e risolvere la querelle a favore dei sauditi.

I legami tra Uk e Arabia Saudita sono quindi ben saldi, ma è il Giappone che si è mostrato più tiepido verso la possibilità di avere nella collaborazione per il Gcap il Paese arabo: Tokyo teme che i tempi di sviluppo possono allungarsi notevolmente e che i requisiti di sistema diventino troppo eterogenei.

Ampliare il partenariato significa sicuramente dividere i costi di sviluppo e produzione, ma i timori nipponici non sono

del tutto infondati: occorre prima definire bene il margine d'azione dei vari partner all'interno dell'ambito progettuale, che dipende molto da quanto ciascun Paese partecipa finanziariamente allo sviluppo della macchina.



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