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Il Garante determina l’equo compenso che Microsoft deve a Gedi per i contenuti giornalistici su Bing


ROMA – Il Garante delle Comunicazioni, l'AgCom, ha determinato l'equo compenso che Microsoft deve versare a Gediil gruppo editoriale proprietario anche di Repubblica.

L'equo compenso è dovuto – spiega l'AgCom in una nota – “per l'utilizzo in Rete delle pubblicazioni giornalistiche di Gedi sul motore di ricerca Bing”.

L'AgCom ha preso la sua decisione sulla base del Regolamento di cui si è dotata a gennaio del 2023. Ed è “il primo provvedimento che coinvolge un prestatore di servizi della società dell'informazione (Microsoft) diverso dalle imprese di monitoraggio dei media e rassegne stampa”.

Le proposte economiche

La nota spiega che l'AgCom “ha valutato le proposte economiche formulate dalle parti” (Microsoft e Gedi) ritenendo che “nessuna di queste fosse conforme ai criteri” fissati dall'articolo 4 del Regolamento.

Per questo motivo, è stata l'AgCom stessa a farsi carico di fissare “l'equo compenso che spetta a Gedi, secondo quanto previsto dall'articolo 12 del Regolamento.

Aggiunge l'AgCom che l'equo compenso:
– “è calcolato sulla base dei ricavi pubblicitari del prestatore che derivano dall'utilizzo online delle pubblicazioni giornalistiche dell'editore”,
– questo, “al netto dei ricavi dell'editore per il traffico di reindirizzamento generato sul proprio sito web dalle pubblicazioni giornalistiche utilizzate online dal prestatore”.

“A questa base di calcolo – precisa sempre AgCom – si applica un'aliquota fino al 70%. L'aliquota è “determinata in base ai criteri del comma 3 dell'articolo 4 del Regolamento”.

Ecco i criteri

I criteri sono, in particolare:
– il numero di consultazioni online delle pubblicazioni giornalistiche;
– la rilevanza dell'editore sul mercato;
– gli anni di attività dell'editore in relazione alla storicità della testata.
– il numero di giornalisti inquadrati in base ai contratti collettivi nazionali;
– i costi che l'editore sostiene per realizzare contenuti giornalistici online;
– i costi che il prestatore “dedica esclusivamente a riproduzione e comunicazione” di questi contenuti;
– l'adesione, dell'editore e del prestatore, a codici di autoregolamentazione e standard internazionali in materia di qualità dell'informazione e fact-checking.

L'estratto breve

L'AgCom si esprime anche sulla definizione di “estratto molto breve”. In particolare, ha interpretato “il criterio qualitativo dettato dal legislatore alla luce del mutamento che caratterizza l'offerta e la domanda di informazione nel nuovo contesto sociale”.

La commissaria Elisa Giomi ha votato contro il provvedimento AgCom. Giomi riconosce che la decisione del Garante ha una “portata storica”. Ma aggiunge: “Non credo che il risultato ottenuto sia all'altezza dell'impresa”.

Il primo problema è il precedente che si crea con l'equiparazione tra estratto molto breve e pubblicazione giornalistica integrale”.

“La direttiva europea esenta gli estratti brevi dal pagamento dell'equo compenso mentre l'AgCom arbitrariamente lo applica in considerazione di presunte mutate abitudini di consumo che avrebbero ormai sostituito la lettura dell'articolo originario con la sua sintesi“.

“Il secondo è che l'equo compenso non è calcolato in base all'effettivo utilizzo dei brevi estrattiche AgCom non ha individuato né quantificato, ma attraverso una stima dei ricavi pubblicitari del motore di ricerca”.



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