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«Con ‘Luglio col bene che ti voglio’ cantavo l’amore nel ’68. Non piacevo agli intellettuali ma alla gente sì»


La copertina dell'album di Riccardo Del Turco

Barricate e sapore di mare. Botte e tramonti romantici. Era il 1968, anzi il '68, anno cruciale nella mitologia del XX secolo. L'anno degli studenti che volevano rifare il mondo, di Parigi messa a ferro e fuoco, l'anno dove si danno appuntamento le speranze del secolo e le aspettative di un'epoca avviata alla fine del millennio. Lotta politica, impegno sociale, disagio giovanile. Non c'è posto per l'amore, o almeno così sembra.

Poi arriva Riccardo Del Turco (nella foto in alto da giovane) con la faccia da bravo ragazzo e una canzone romantica nel cassetto che diventerà uno dei tormentoni estivi più famosi della storia della canzone italiana. È Luglioquasi una soap in melodia: «Luglio, col bene che ti voglio / Vedrai non finirà / Luglio m'ha fatto una promessa / L'amore porterà / Anche tu, in riva al mare / Tempo fa, amore, amore / Mi dicevi “luglio ci porterà fortuna” / Poi non ti ho vista più».

Qualche anno dopo, Del Turco mollò le scene. Ora, a distanza di mezzo secolo, ha pubblicato un nuovo disco, I colori della mia vita. Tutte le canzoni inedite, più, ovviamente, una morbida versione di Luglio al sassofono.

Del Turco, ci vuole un bel coraggio a tornare dopo tanti anni di assenza.

«Eh sì. Il mio ultimo disco risale al 1973. Titolo: Quindi non ci riesco mai. Avevo mollato per mancanza d'ispirazione. Quando finisce, l'artista deve capirlo e farsi da parte».

Però non mi sembra che lei non abbia mai vinto.

«Con Luglio sono stato primo in classifica per dodici settimane consecutive. Riuscì a scalzarmi solo Paolo Conte con Azzurro cantata da Celentano e per me fu un onore essere superato da un mostro sacro come lui. È stato un momento magico, irripetibile, fantastico».

Ti dispiace essere ricordato solo per quel brano?

“NO, Luglio è un marchio indelebile anche se io non amo i tatuaggi. È piaciuta, e piace tuttora, a moltissima gente. C'è una storia d'amore quasi cinematografica accompagnata da una melodia fresca che avevo scritto io mentre il testo è del mio amico Giancarlo Bigazzi. Quando la sentì il paroliere di Becaud, Delanoel, accademico di Francia, la volle subito, cambiò le parole e ne fece un altro enorme successo. Raccontava la storia di un uomo che andava in una brasserie per incontrare una ragazza che gli piaceva molto».

Sempre una storia d'amore.

«In quegli anni molti giornalisti e intellettuali mi guardavano storto perché secondo loro ero troppo leggero e dovevo occuparmi di temi più importanti come la politica, le disuguaglianze sociali, lo sfruttamento dei lavoratori. Io penso che anche la musica leggera possa alleviare i mali dell'uomo. L'amore sta al di sopra di ogni ideologia politica. Posso raccontare un aneddoto su Luglio?».

Certo.

«Molti anni dopo incontrai Paolo Conte al teatro Niccolini di Firenze. Mi chiamò e mi disse che c'era una signora, ricoverata in una casa di cura per disturbi mentali, che gli scriveva diverse lettere per raccontargli le vicende della sua vita. E ogni missiva si concludeva con due parole: luglio e azzurro. “Guarda come sono legati le nostre canzoni”, mi disse. Evidentemente quei due brani avevano trasportato quella donna in un mondo migliore, anche se solo immaginario».

L'anno dopo si presentò a Sanremo con Cosa hai messo nel caffè e non andò benissimo.

«In Italia no, all'estero sì. I critici musicali mi attaccarono tutti, mi difese solo Mario Soldati, presidente della giuria della Rai, che disse che la mia canzone univa la leggerezza al sentimento».

Si ritirò anche per queste critiche?

«In parte sì ma il mio tempo era passato. Impossibile replicare il successo di Luglio. Nel 1976 ho aperto un locale, il Caffè Pitti, a Firenze, che negli anni è diventato un punto di ritrovo per tanti attori, da Fellini a Zeffirelli, da Mastroianni a Gassman. Ho scritto molti brani per molti bravi colleghi: Patty Pravo, Mina, Ornella Vanoni, fino ad Andrea Bocelli. Però a cantare non ci pensavo quasi più».

Chi l'ha convinta a tornare e incidere un disco?

«Mia moglie Magda, con la quale stiamo insieme da cinquant'anni, e le mie figlie, Caterina e Francesca. L'amore che c'è fra due persone adulte è meraviglioso perché è più maturo e profondo. L'unico motivo d'angoscia è il tempo che corre veloce. Ma l'amore, se è autentico, è capace di andare oltre la morte».

Anche no I colori della mia vita predomina l'amore. Com'è cantarlo a 85 anni?

«Stupendo. Questo disco è frutto della mia maturità. La vecchiaia per molti è una brutta parola. Io la trovo una stagione bellissima. È l'età della vita in cui il corpo inizia a tradirti ma lo spirito e l'anima volano più in alto rispetto a quando si è giovani e siamo distratti dalle passioni e dagli ormoni. Da vecchi si diventa più profondo, se uno vuole diventarlo, e meno superficiali».

Ora dove vive?

«In Maremma, tra Bolgheri e Bibbona, dove ho alcuni ulivi e un piccolo vigneto. Produco l'olio e il vino per gli amici che mi vengono a trovare perché io sono astemio».

Quando si rivede in tv a cantare Luglio da giovane cosa prova?

«Mi riguardo con tenerezza e penso che il tempo sia galantuomo sì, ma solo per l'anima, non per il corpo».





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